powertoart
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Marco Travaglio non è il Messia, lo sappiamo. Ma - se non lui stesso - esiste ancora qualcuno disposto a dare voce a chi - nel suo immarcescibile tentativo di sopravvivere senza indursi nella tentazione di passare per le più improvvide scorciatoie che questo sistema offre sul piatto d'argento in luogo di pur modeste opportunità ma trasparenti e riconducibili al solo paradigma della legalità - sia condannato all'afonia permanente nel vano tentativo di essere ascoltato?
Ieri mattina ho ritirato un'ingiunzione di pagamento - entro 30 giorni - per qualcosa come 15.000 €, a fronte di una revoca delle cosiddette "agevolazioni" disposte da Invitalia spa sulla base del D.Lgs. 185/2000 Titolo II - Lavoro Autonomo sottoscritte, ottenute e - peraltro - già iniziate a restituire per la parte concernente il mutuo agevolato all'1,8% nella forma rateale prevista da contratto tra l'Aprile 2008 ed il Settembre 2010.
Il calvario, dipendente con ogni probabilità dall'illusione di poter conferire in una complessa teoria di azioni richiestemi, tutta la mia dignitosa rettitudine, tutto il rispetto indeclinabile per la cosa pubblica e l'interesse collettivo [che ritenevo dovesse rappresentare] e tutta la mia deferente inclinazione a non approfittare di un'erogazione prevedente anche una certa percentuale di fondo perduto, è iniziato una triste mattina di tarda estate 2010 (era il 2 Settembre) allorché mi sono visto recapitare una raccomandata da Invitalia spa siglata « Rif/Prot. 298757/ATT-SPO» ed avente per oggetto «D.Lgs. 185/2000 Titolo II - Lavoro Autonomo - Prot. 1047515. Richiesta integrazione documentale sul corretto utilizzo dei contributi erogati» ove mi si richiedeva il perfezionamento di alcuni adempimenti contrattuali presso cui - a giudizio dell'ente erogatore - non avrei avuto le necessarie premure.
La letale combinazione di sfortunate contingenze è dipesa - nella formazione della mia modesta unità produttiva, composta banalmente da un Apple MacPro, da un'interfaccia audio, da una superficie di controllo, da alcuni altri devices secondari, da uno stand metallico ma, soprattutto, da un grosso parco software fatto di sequencer audio e librerie di campioni - dall'aver deciso di acquistare i miei beni strumentali - quando possibile - direttamente dal produttore e, in particolare, in Olanda, Germania e Francia, onde poter contare sul cosiddetto prezzo di fabbrica; premura questa che mi avrebbe messo nella condizione di contenere al massimo l'impiego di risorse pubbliche e, ad un tempo, di stressare meno la mia disponibilità finanziaria già duramente provata.
Sì, perché - ahimè - generalmente si chiedono agevolazioni laddove non si è nella disponibilità di fare con i propri mezzi - come nel mio caso -, ma allorché firmai il contratto con Invitalia (allora ancora Sviluppo Italia) e dopo aver già dissipato 600,00 € in un business plan - redatto dall'ASSEFI della CCIAA di Pisa con gravi sviste legali a carico del management del diritto d'autore - ebbi a scoprire - ahimè - che quelle risorse, già limitate al solo valore imponibile degli investimenti, dovevano anche essere nella disponibilità del richiedente per essere successivamente rimborsate.
Il mio problema specifico, aldilà del gravoso percorso che ho dovuto compiere - sia in termini di esposizione economica che di salute mentale (poteva veramente sembrare di essere diventato parte attiva in un imprevedibile gioco di ruolo) - è stato rappresentato da un insieme di pretese di Invitalia a fronte del perfezionamento di un investimento; il fornitore mi avrebbe dovuto produrre una dichiarazione autografa - con esplicito riferimento all'acquisto dei beni oggetto di fornitura - sulla base della quale:
1) la fattura si sarebbe riferita a Beni Nuovi di fabbrica;
2) la fornitura sarebbe stata effettuata alle nostre normali condizioni di vendita, ovvero alle normali condizioni di mercato;
3) non sarebbero esistiti accordi che prevedessero successive variazioni di prezzo in qualunque forma concesse
ed un quietanza liberatoria dichiarante:
1) che a fronte della stessa non sarebbero stati riconosciuti abbuoni o sconti a qualsiasi titolo;
2) che sui buoni forniti non sarebbe gravato alcun privilegio, patto di riservato dominio o diritto di prelazione
3) che non ci fosse nulla altro a pretendere in relazione alla relativa fornitura.
Queste clausole contrattuali - da ritenersi a mio avviso vessatorie, specie se riferite a beni immateriali (dei software si acquista licenza d'uso e non la proprietà intellettuale: come possono un privilegio, un patto di riservato dominio o un diritto di prelazione gravare su una licenza d'uso?!? Al massimo sulla scatola, sul guscio porta-DVD e sul manuale d'uso...) -, unitamente ad un'altra pretesa - a mio modo di vedere - eccessiva, ovvero che ogni singola operazione di quietanza di una fattura partisse come bonifico da un solito conto corrente: una vera e propria iattura, perché i pagamenti online (in particolare uno per circa 230,00 imponibili) per l'acquisto di una licenza software scaricabile si effettuano con carta di credito e, nonostante la ricaribile utilizzata possa essere agganciata a quel conto corrente, il passaggio accessorio (tracciato e riconosciuto) diventano fonte di controversia.
Specie se il distributore è unico al mondo, se accetta soltanto pagamenti con carta di credito/PayPal e se non è neanche disposto a rilasciarti i due fantomatici documenti!
Peggio ancora è però un altro fatto: se da un fornitore olandese ti giunge poi la coppia di documenti - stampati prima, sottoscritti e ri-digitalizzati - per eMail, l'unica probabile alternativa con Invitalia diventa probabilmente il viaggio a nei Paesi Bassi a ritirare di persona l'originale (?!?).
E dire che - augurandomi di non essere deriso per mezz'Europa - mi ero pure impegnato a tradurre il contenuto di questi due documenti in Francese e Inglese, a uso e consumo dei fornitori più riottosi!
Poi, se ci metti anche la sfortuna e accade che un fornitore tedesco - un artigiano - ti invia uno stand in alluminio per il valore imponibile di poco più di 400,00 € che ti viene consegnato danneggiato e gli contesti pure il pezzo rotto, costringendolo a sostituirtelo - con tutte le spese a suo carico -, vanificando il già magro ricavo, figurati un po' se poi ti vuole anche produrre una coppia di siffatte dichiarazioni!
Fatto è che da lì in avanti tutto è precipitato: botta e risposta di raccomandate, inutili spiegazioni, richieste di chiarimento, etc.: si procede intimando la restituzione del valore delle fatture incriminate - con provvedimento non impugnabile - per un valore di oltre 3.000 € entro 30 giorni.
Provo lo stesso a impugnare la cosa, senza venire a capo di nulla: ma, alla fine - un colloquio telefonico con un funzionario di Invitalia - sembra definitivamente dirimente della situazione: per il fornitore olandese, possedendo copia dei documenti richiestimi - ne avrei provvisto l'invio in allegato ad un'ultima raccomandata, per gli altri avrei provvisto un bonifico dell'importo di circa 600,00 €.
Il giorno successivo redigo quindi la raccomandata AR, riportando i termini della discussione telefonica: chiedo lo storno dall'importo dei circa 2600 € relativi alla fattura "olandese" provvedendo la dichiarazione a loro giudizio mancante (apparentemente, a detta del funzionario, perché mai arrivata o addirittura persa!), mi dichiaro disponibile ad effettuare bonifico per l'importo restante, e pretendo il ri-conteggio del piano di ammortamento inerente la parte di mutuo concessami.
La prima risposta utile? Dopo quasi 4 anni: un'ingiunzione di pagamento - ieri mattina - dell'intero importo entro 30 giorni!
Premesso che non saprei proprio dove trovare 15.000 € in 30 giorni e che, non dovessi impugnare legalmente il provvedimento in tempo utile, la cosa sarebbe passata d'incanto alla buon'amica Equitalia, mi domando sinceramente se esista ancora un barlume di stato di diritto in questo Paese o se il cittadino - quand'anche non si sia mai volontariamente sottratto alle sue obbligazioni (non sono frattanto scappato all'estero, la mia modesta attività è ancora in funzione - ancorché per il momento mi basti a malapena per pagare le tasse -, non ho preteso di non pagare il dovuto, ma ho dovuto - mio malgrado - rinunciare ad un'altra tranche a fondo perduto dell'agevolazione dovuta alle spese di gestione che frattanto non sono stato nella possibilità di compiere, con grave danno economico) - sia soltanto un accessorio inutile (se non a pagare, pagare, pagare senza mai avere niente di buono in cambio) cui togliere anche la dignità, oltre ad una rappresentatività parlamentare... spero vivamente che qualcuno - magari proprio Marco Travaglio - possa darmi delle risposte e, magari, un aiuto a districare la matassa dignitosamente!
Grazie |
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