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Le spalle di MARCO
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MessaggioInviato: Gio Set 06, 10:40:48    Oggetto:  Le spalle di MARCO
Descrizione: ovvero i suoi corsivi quotidiani.
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Visto che questo FORUM è dedicato a Marco TRAVAGLIO, perchè non dedicare una paginetta per riportare, giornalmente (se si arriva), quanto lui scrive sul FATTO Quotidiano di spalla sulla prima pagina ?
Questo potrebbe aumentare i frequentatori del Forum e innescare, magari,un dibattito.

Oggi 06.09.2012
Scherzano col Grillo
di Marco Travaglio

Può darsi che Grillo, come sempre, abbia esagerato quando ha detto che partiti e media al seguito, insultandolo ogni giorno con una campagna di "odio", istigano a delinquere contro di lui qualcuno che potrebbe passare "dal tiro al bersaglio metaforico a quello reale, come negli anni di piombo". Certo ha sbagliato le parole: anche lui usa l'insulto come arma di lotta politica; e tirare in ballo l'odio -- come fecero B. e i suoi giannizzeri, attribuendo a chi lo criticava la qualifica di "mandante morale" dell'attentato della statuetta -- non è solo un déjà vu: è un'assurdità, visto che almeno i sentimenti dovrebbero restare fuori dalla dialettica politica.
Ma le reazioni del mondo politico e giornalistico (sempre più simili, tanto da sembrare ormai un tutt'uno) è penosa. Francesco Merlo, su Repubblica, arriva a scrivere che, siccome Grillo è un comico, non va preso sul serio. Forse non gli è ancora giunta notizia che Grillo è il fondatore e il promotore del Movimento 5 Stelle che alle ultime amministrative, con candidati tutt'altro che comici (semmai giovani), ha raccolto l'8,2% ed è ormai nei sondaggi il terzo partito d'Italia (con circa il 15%). Resta poi da capire perché dovremmo prendere sul serio i politici di professione che hanno trascinato l'Italia alla bancarotta. Scrivere, infine, che "persino se lo trovassimo steso per terra, penseremmo: guarda cosa deve fare per tirare a campare un povero professionista del ridicolo"
fa semplicemente accapponare la pelle. Perché non si può affatto escludere che qualcuno prima o poi sogni di (o addirittura lavori per) mettere "Grillo steso a terra". Forse una ripassatina alla storia patria non guasterebbe: si scoprirebbe che nei momenti di passaggio -- come nel 1992, al tramonto della Prima Repubblica, e come oggi, al tramonto della Seconda -- si muovono dietro le quinte forze oscure. E forse nemmeno tanto: mafie, servizi più o meno deviati, logge più o meno spurie, insomma gli stessi soggetti che nel '92 tentarono di infiltrare la Lega, che a quel tempo, per il Sistema, possedeva la stessa carica dirompente che oggi possiede il movimento di Grillo. Fu allora che il presidente Cossiga suggerì, per eliminare Bossi, di "infilargli una bustina di droga in macchina". Le mafie e le loro quinte colonne nelle istituzioni votano e fanno votare. E, se non trovano interlocutori affidabili, sparano -- magari travestite da Falange Armata -- per farli uscire allo scoperto e trattare. Grillo, da questo punto di vista, è totalmente inaffidabile. "Per fare politica in Italia devi essere ricattabile", disse un giorno Giuliano Ferrara col consueto cinismo. Ecco: Grillo ha tanti difetti, ma non è ricattabile, avvicinabile, trattabile. L'idea che il suo movimento condizioni la politica dei prossimi anni non può che allarmare i criminali d'alto bordo adusi alle trattative e ai patti sottobanco con politici di lungo corso, molto ricattabili, avvicinabili e trattabili (anzi, spesso già ricattati, avvicinati e trattati). In Parlamento, specie a destra e al centro, ma anche nel centrosinistra, le mafie hanno i loro interlocutori. In 5 Stelle, anche per motivi anagrafici, no. Si può pure ironizzare sull'allarme di Grillo: ma sempre ricordando che, quando parla, tuona, insulta (ma propone pure, anche se nessuno si confronta mai sul merito delle sue proposte), lo fa senz'alcuno scudo tra la sua faccia e la gente. I politici che, soprattutto a sinistra, gli danno del populista, barbaro, fascista, nazista, assassino e altre carinerie (le ultime sono un compenso in nero, subito smentito, e un appello -- falso pure quello -- a picchiare i marocchini: a proposito di "macchina del fango"), lo fanno ben scortati e nascosti dietro plotoni di uomini armati. Eppure anche i politici più a rischio lo sono infinitamente meno di Grillo. Dargli una martellata in testa è la cosa più facile del mondo. E anche infilargli una busta di droga in macchina: anche perché la macchina è la sua, non un'autoblu con autista e gorilla.



Il FATTO QUOTIDIANO 06.09.2012
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MessaggioInviato: Gio Set 06, 10:40:48    Oggetto: Adv






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MessaggioInviato: Gio Set 06, 19:04:56    Oggetto:  
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Articolo scritto malissimo, dal punto di vista della logica e degli argomenti. Io direi le spalle (cadenti) di Marco.

Citazione:
Può darsi che Grillo, come sempre, abbia esagerato quando ha detto che partiti e media al seguito, insultandolo ogni giorno con una campagna di "odio", istigano a delinquere contro di lui qualcuno che potrebbe passare "dal tiro al bersaglio metaforico a quello reale, come negli anni di piombo". Certo ha sbagliato le parole: anche lui usa l'insulto come arma di lotta politica; e tirare in ballo l'odio -- come fecero B. e i suoi giannizzeri, attribuendo a chi lo criticava la qualifica di "mandante morale" dell'attentato della statuetta -- non è solo un déjà vu: è un'assurdità, visto che almeno i sentimenti dovrebbero restare fuori dalla dialettica politica.

Citazione:
Dargli una martellata in testa è la cosa più facile del mondo. E anche infilargli una busta di droga in macchina: anche perché la macchina è la sua, non un'autoblu con autista e gorilla.

L'ipotesi dell'attentato e dell'atto criminale volto a screditarlo (la bustina di droga) esce dalla porta all'inizio per rientrare alla fine dalla finestra. Mettiamoci d'accordo: o Grillo è un vittimista paranoico a paventare pericoli per la sua persona, oppure esistono pericoli concreti. Se ci sono, vada dai carabinieri e sporga denuncia. Il resto è fuffa. Se Travaglio sa di pericoli concreti per la persona di Grillo, ci vada lui dai carabinieri. Se io so che persona X è minacciata, posso sporgere denuncia: non deve farlo necessariamente l'interessato. Se non è così, è fuffa anche quello che dice Travaglio.
La teoria della bustina di droga si baserebbe poi su questo:
Citazione:
Fu allora che il presidente Cossiga suggerì, per eliminare Bossi, di "infilargli una bustina di droga in macchina".

Cossiga, una persona notoriamente sobria e attendibile. Sì, come no. Poi l'hanno infilata questa bustina di droga nella macchina di Bossi? Non mi risulta. Bossi si è suicidato politicamente da solo. So bene che Bossi asserisce invece di essere vittima di un complotto. Indovinate chi gli ha fatto, su questo punto, da spalla (cadente)?



Mi auguro che Travaglio non voglia seguire Grillo anche su questo punto.

Citazione:
E, se non trovano interlocutori affidabili, sparano -- magari travestite da Falange Armata

Siamo al delirio puro, evocare la Falange Armata. Così come è stato delirante, da parte di Grillo, mettere in connessione l'attentato di Brindisi con la "paura del cambiamento" (leggi: paura di lui, l'unico duro e puro).

Citazione:
"Per fare politica in Italia devi essere ricattabile", disse un giorno Giuliano Ferrara col consueto cinismo. Ecco: Grillo ha tanti difetti, ma non è ricattabile, avvicinabile, trattabile.

Tutti i politici, tranne Grillo, sono avvicinabili, trattabili e ricattabili? Ferrero, per fare un esempio, è ricattabile? E da chi? Non ha nemmeno l'auto blu e la scorta, e non ha nemmeno la pensione da parlamentare, essendo stato in parlamento un mese solo, visto che quando è stato nominato ministro ha rinunciato al doppio incarico (molto grillino, dirà qualcuno: coerentemente di sinistra, dico io). Ebbene, se Ferrero cominciasse a delirare su possibili attentati e possibili bustine di droga infilate nella sua automobile, il primo a fargli una pernacchia e a sputargli nell'occhio sarebbe il sottoscritto.

Citazione:
un appello -- falso pure quello -- a picchiare i marocchini: a proposito di "macchina del fango"

Allora: voglio anche concedere che il tutto sia stato eccesso di zelo da parte di un blogger di sinistra ossessionato dal razzismo (Daniele Sensi, che ha riportato per primo la cosa) e che il tutto sia stato preso troppo sul serio da forumisti esagitati e prevenuti come Orientalista. Il tutto, a mente fredda e visto in un contesto più ampio, sembra effettivamente molto più annacquato. Io seguito a trovarlo ambiguo e mi ritrovo più o meno in quello che Sensi ha scritto in risposta a uno dei commenti che ha ricevuto (se avete la pazienza di spulciare tra i commenti lo troverete qui:
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):
Citazione:
nella prima parte del video c’è Grillo che percula Giovanardi per aver difeso l’indifendibile (un pestaggio ripreso da un telefonino); nella seconda c’è Grillo che, preoccupato di apparire troppo “buonista”, si fa serio e spiega che “pestaggio no, ma due schiaffetti sì”, in caserma, però, lontano da sguardi indiscreti.

Ammettiamo anche che io e Sensi siamo due fissati privi di senso dell'umorismo e che non abbiamo colto l'ironia anche nella seconda parte: è possibile. Quello che però non posso accettare è che un blogger di sinistra, da anni impegnato sul fronte dell'antirazzismo (guardate il suo blog:
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), venga infilato da Travaglio tra la Falange Armata e la bustina di droga, come parte di un complotto: parlando di macchina del fango. Poi, riguardo alle critiche triviali che ha ricevuto a iosa dai grillini sul fatto di scrivere (da poco) sull'Espresso ("servo del PD" ecc. ecc.): quando era Travaglio a scrivere sull'Unità, era tutto a posto?

Poi, a proposito del Grillo comico e non-comico:
Citazione:
Francesco Merlo, su Repubblica, arriva a scrivere che, siccome Grillo è un comico, non va preso sul serio. Forse non gli è ancora giunta notizia che Grillo è il fondatore e il promotore del Movimento 5 Stelle che alle ultime amministrative, con candidati tutt'altro che comici (semmai giovani), ha raccolto l'8,2% ed è ormai nei sondaggi il terzo partito d'Italia (con circa il 15%)

Mettiamoci d'accordo anche qui.
Citazione:
Ma mi piace anche quando non rinuncia al gusto della battuta e del paradosso.

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Così commentava Travaglio la famosa uscita sulla mafia "che non strangòla" (accento grillesco sulla o) e che è migliore dello Stato. Era una battuta, quindi: parlava in veste di comico. Poi gli si dà del comico e apriti cielo: dobbiamo prenderlo sul serio. Scusate, ma qui c'è qualcosa che mi sfugge. O è una battuta (pessima, ma è questione di gusti), o si tratta di linguaggio mafioso, come ha detto Fava:
Citazione:
“Grillo parla come un mafioso senza essere nemmeno originale. Gli stessi argomenti prima di lui li hanno già utilizzati Vito Ciancimino e Tano Badalamenti. E come l’ultimo dei mafiosi non ha nemmeno il coraggio di confrontarsi pubblicamente sulle sue patetiche provocazioni”

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Fava sa bene di cosa parla. Suo padre è stato ucciso dai buoni, quelli che non "strangòlano": parlando di attentati seri, non quelli paventati dai cazzari.
Per concludere, due anni e un giorno fa veniva ucciso Angelo Vassallo, da mano ancora ignota, presumibilmente camorristica.
Parliamo di cose serie, quindi.
Buona serata a tutti.
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MessaggioInviato: Gio Set 06, 20:53:16    Oggetto:  
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Sinceramente neanche a me è piaciuto tanto questo articolo - il che accade di rado, quando si tratta di Travaglio.

Anche se io non condivido la critica "da sinistra" di Grillo, sulla questione del presunto razzismo e quant'altro, per il resto trovo inappuntabile quanto detto da Orientalista.
Oltre all'evidente contraddizione nell'indicare Grillo talvolta come comico talvolta come politico, a seconda di come conviene, trovo sconcertante il giustificare l'ipotesi dell'attentato o della bustina di droga.
Travaglio è il primo a ridicolizzare le teorie della cospirazione quando i soliti forsennati lo vanno accusando di essere un disinformatore al servizio delle banche e di Israele, il primo a ridicolizzare Silvio e sodali quanto paventano complotti o attentati contro il Cav....e adesso che fa?
Prima sembra quasi distaccarsi, poi parla di "forze oscure dietro le quinte"...ma che roba è? Shocked E' un'espressione straordinariametne evocativa per un thriller o un film dell'orrore, ma rapportata alla realtà fa veramente cascare le braccia.
Al momento credo che nessun personaggio in vista rischi davvero qualcosa, nè tantomeno Grillo - e lui lo sa benissimo. Fare dichiarazioni simili vuol dire essere in malafede.

In conclusione, il problema di fondo credo sia uno solo : come Travaglio ha detto più volte, Grillo è suo amico da moltissimi anni, da prima di entrare in politica, ed è evidente che questo ne distorce il giudizio. Su certe cose ha anche ragione in fondo, ma a me sembra evidente che certe difese d'ufficio sono forzate e tirate proprio per i capelli, alcuni salti logici per superare insanabili contraddizioni sono fin troppo evidenti anche per il solo gusto di controbattere a quelli che sono gli avversari di Grillo - cioè praticamente l'intero arco parlamentare.
In fondo lo capisco, non deve essere facile dover dire cose negative di un amico a mezzo stampa, quindi nsomma, quando leggo un articolo di Travaglio riguardante Grillo so già cosa aspettarmi e infatti tendo a non condividerli in gran parte.

Del resto mi pare chiaro che lo stesso Travaglio si sente in difficoltà a volte a dover giustificare gli eccessi dell'amico...emblematico è il fatto che MT non abbia detto una parola sulle dichiarazioni di Grillo su mafia e stato. In quel caso, mettersi a parlare di "iperbole" o "è un comico, esagera sempre" di fronte ai parenti delle vittime di mafia sarebbe stato alquanto imbarazzante per lui.

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"La politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomigli molto alla prima."
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Le spalle di MARCO

VENERDI' 7 SETTEMBRE 2012

Renzi, l'arma segreta
di Marco Travaglio

Allarme generale: "Massimo D'Alema non è tranquillo". Anzi, "è decisamente inquieto". Così lo descrive, in una frizzante intervista, il Corriere della Sera. Non bastassero "la crisi" che "dev'essere la prima preoccupazione di tutti" e "il degrado del dibattito politico" (tutte vicende che lo vedono incolpevole spettatore, non avendo lui ricoperto alcun incarico negli ultimi 40 anni), c'è pure la questione del "Nagorno-Karabach" di cui si appresta a parlare con l'ambasciatore. Ma soprattutto "lo assillano i titoli dei giornali" che "parlano quasi tutti di Matteo Renzi. E lui non riesce a digerirlo". A queste parole, il Renzi deve aver acceso un cero alla Madonna: negli ultimi giorni si era diffusa la voce che alcuni supporter di Bersani si stessero spostando su di lui. Tipo il sindaco di Piacenza e anche un fedelissimo di Napolitano come Umberto Ranieri. Mancava solo l'appoggio di D'Alema e il sindaco di Firenze avrebbe fatto prima a ritirarsi, risparmiandosi una costosa e faticosa campagna elettorale. Quello di D'Alema, com'è noto, è il bacio della morte: appena ti appoggia, sei spacciato. Ne sa qualcosa Francesco Boccia, noto trascinatore di folle, doppiato due volte da Vendola dopo il decisivo sostegno dalemiano nella comune terra di Puglia. Tant'è che qualcuno, nello staff di Bersani, per liberarsi di Renzi aveva pensato di scatenargli a sostegno la Volpe del Tavoliere. Figurarsi la gioia del giovine Matteo quando, ieri mattina, ha appreso che avrà D'Alema contro, mentre il povero Bersani l'avrà a favore ("per governare il Paese in un momento così difficile la persona più adatta è Bersani", mentre il Renzi "non è in grado di governare"). È l'arma segreta che potrebbe assicurare al rottamatore una vittoria a sorpresa. Ma che cosa esattamente D'Alema "non digerisce"? Non la campagna del Renzi per le primarie, questo sarebbe troppo: ma che essa venga condotta "contro il gruppo dirigente del Pd". Il Renzi, per non rovinargli la digestione, dovrebbe candidarsi a favore del gruppo dirigente. Decoubertinianamente. Magari assicurando che, anche in caso di vittoria, lascerebbe Bersani al suo posto, con tutto il cucuzzaro di D'Alema, Veltroni, Bindi, Finocchiaro e magari pure Violante e la Turco. L'idea che le primarie si facciano proprio per decidere il gruppo dirigente, non sfiora neppure il Viceconte Max. Il gruppo dirigente lo decide lui ("capotavola è dove mi siedo io"). Squadra che perde non si cambia. "C'è -- denuncia -- una distorsione del dibattito sul rinnovamento: sembra che questo passi per la cacciata dal Parlamento dell'intero gruppo dirigente del centrosinistra". È chiaro a tutti che il rinnovamento passa dalla riconferma dell'intero gruppo dirigente. Tra l'altro, così giovane. "La segreteria Pd è affidata ad una nuova generazione": infatti Bersani s'iscrisse al Pci nel 1973, diventò presidente della Regione Emilia nel '93, poi nel '96 si dimise per fare il ministro del primo governo Prodi e nel 2001 entrò in Parlamento. Insomma, un bebè.
Renzi non si capisce bene "cosa proponga nei contenuti", mentre il Pd di Bersani & D'Alema "ha già detto chiaramente con chi si vuole alleare: Sel e l'Udc" e che "l'agenda Monti è un punto di partenza irrinunciabile", per non ripetere l'errore di "vent'anni di alleanze che poi non sono state in grado di governare" (e lui, modestamente, non c'era mai, in quei vent'anni). Il fatto che Vendola ripeta che l'agenda Monti va sbaraccata perché affama il popolo è un dettaglio trascurabile. Del resto, non è questa l'unica minuzia su cui Max sorvola: per esempio, sostiene che nel 2003 fu trombato nella corsa al Quirinale "perché il centrodestra giudicò la mia scelta troppo politica". Ma ricorda male: i berluscones -- Confalonieri, Ferrara, Rossella, Dell'Utri, Feltri, Farina, Guzzanti padre, Baget-Bozzo, Ostellino e Veneziani -- erano tutti a suo favore. Poi purtroppo corse voce che D'Alema fosse sostenuto anche da D'Alema: e fu la fine.



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MessaggioInviato: Sab Set 08, 07:06:44    Oggetto:  
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SABATO 8 SETTEMBRE 2012

Il diavolo veste Grillo
di Marco Travaglio


Ve l'immaginate un fuorionda di un consigliere regionale del Pdl o del Pd su B. o D'Alema che spadroneggiano nei rispettivi partiti? Non lo trasmetterebbe nessuno, per mancanza di "notizia". Invece il fuorionda-findus del consigliere di 5 Stelle Giovanni Favia, scongelato da Piazzapulita dopo tre mesi di freezer, è la notizia del giorno. Eppure è stranoto che il Movimento fondato cinque anni fa da Grillo e Casaleggio discute da quand'è nato dei suoi problemi di democrazia interna, mentre i partiti che truccano i congressi e le primarie (quando li fanno) e inventano le tessere. Ne avevamo parlato nel nostro colloquio con Grillo, ricevendone risposte tutt'altro che scontate. E il fatto che la discussione si scaldi vieppiù con l'avvicinarsi del voto è un sintomo di salute e vitalità per M5S, pur affetto dalle tipiche malattie della crescita. Dov'è dunque la notizia nel "caso Favia"? Non tanto nelle sue parole, quanto nel fatto che le abbia pronunciate lui, il consigliere "grillino" più votato, uno dei più brillanti, e nelle reazioni che han suscitato, a riprova del fatto che toccano uno dei nervi scoperti di 5 Stelle (l'altro è l'allergia dei leader-guru alle domande). Le parole di Favia non contengono "notizie", fatti: sono un lungo sfogo, legittimamente "rubato" da un cronista al bar, contro uno dei due fondatori. Amareggiato per la rottura fra Grillo e il vecchio amico Tavolazzi, che sognava di fare di 5 Stelle qualcosa di simile a un partito, Favia definisce Casaleggio "mente freddissima molto acculturata, molto intelligente, che di organizzazione, dinamiche umane e politica se ne intende" e ha gettato le basi di un movimento che "un istintivo come Grillo non sarebbe mai stato in grado di pianificare". Sarebbero dei complimenti, se non fossero seguiti da "spietato e vendicativo", "sistema padronale", "controlla tutto dall'alto". Come? Addirittura "telefonando o facendo telefonare da Grillo". Poi una previsione, indimostrabile come tutti gli oracoli: "Vedremo chi Casaleggio manda in Parlamento, non credo alle votazioni online, lui manda chi vuole". Siccome finora le liste di 5 Stelle sono state decise dai Meet-up locali con consultazioni online, comprese quelle che hanno portato due volte all'elezione di Favia, che cosa dobbiamo pensare: che erano truccate anche quelle o lo saranno solo quelle per il Parlamento? E come farà una sola persona, per quanto diabolica, a taroccare il verdetto di centinaia di migliaia di cittadini? E, se le cose vanno così, che ci sta a fare Favia da cinque anni in quella camera a gas? Se non ti piace il tuo club, esci. O combatti da dentro per cambiare le cose: ma a viso aperto, non bisbigliando. Favia spera che Casaleggio "si levi dai coglioni": auspicio legittimo, ma velleitario vista la simbiosi che unisce Grillo e Casaleggio (si sentono più volte al giorno per ogni mossa, strategia, iniziativa, post sul blog, perché la pensano allo stesso modo). Poi aggiunge che Casaleggio avrebbe suoi "infiltrati tra gli eletti, quindi dobbiamo stare molto attenti quando parliamo" (infatti...). Chi sono gli infiltrati? In che modo sono stati "infiltrati", visto che il sistema elettorale delle amministrative si fonda sulle preferenze? Casaleggio, sul blog, ha smentito tutto con poche righe, secche e gelide come il suo carattere. Da oggi chi vuole, se ha le prove, può smentirlo. Ma soprattutto Grillo e Casaleggio possono smentire i loro detrattori. Per l'eterogenesi dei fini, il caso Favia che qualcuno già usa per dimostrare che M5S è come e peggio dei partiti, può diventare un'opportunità. In mancanza di ladri, mafiosi, mignotte e vecchie muffe, Grillo&C. dovranno superare un pubblico esame proprio sul tallone d'Achille della democrazia interna. Se riusciranno a inventare un sistema di selezione dei candidati davvero trasparente, avranno vinto. Se no, gli sconfitti non saranno loro, ma tutti gli italiani che magari non li votano, ma neppure si rassegnano a questa fogna chiamata politica.



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MessaggioInviato: Sab Set 08, 14:20:26    Oggetto:  
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Citazione:

Ve l'immaginate un fuorionda di un consigliere regionale del Pdl o del Pd su B. o D'Alema che spadroneggiano nei rispettivi partiti?


Ecco un altro motivo per cui le difese di Travaglio nei confronti di Grillo sono sovente forzate, come se si sentisse obbligato a dire qualcosa. Sempre a fare il paragone con gli altri partiti, come se ribadire quanto fanno schifo migliorasse automaticamente il M5S.

Quello che Travaglio e nessun altro dice mai è che PDL, PD, UDC e compagnia brutta non si presentano affatto come modelli di democrazia interna, aperti a idee, correnti, istanze dal basso. Il PD tenta di spacciarsi come tale, ma senza grande convinzione.
Il M5S invece non fa che ribadire la propria diversità, la propria purezza e quant'altro : dunque, ci si aspettano standard qualitativi molto superiori a quelli degli altri. Per questo si è fatta polemica per i rimborsi per le comparsate in TV : uno del PDL i soldi se li prende, lo dice pubblicamente e se ne vanta pure, e nessuno gli può dire niente; uno del M5S, se predica contro questi comportamenti e poi lo fa, si deve aspettare come minimo pesanti critiche. Qui sta il problema che Travaglio, i grillini e company fanno finta di non vedere, preferendo rifugiarsi dietro lo slogan o dietro il sempreverde benaltrismo, che si pensava prerogativa del Cavaliere e dei suoi scagnozzi.

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Saratoga ha scritto:
Citazione:


Ve l'immaginate un fuorionda di un consigliere regionale del Pdl o del Pd su B. o D'Alema che spadroneggiano nei rispettivi partiti?



Ecco un altro motivo per cui le difese di Travaglio nei confronti di Grillo sono sovente forzate, come se si sentisse obbligato a dire qualcosa. Sempre a fare il paragone con gli altri partiti, come se ribadire quanto fanno schifo migliorasse automaticamente il M5S.





Ma perchè non chiedi tu stesso a Marco Travaglio, il motivo per il quale " *forzatamente* si sente *obbligato* nei confronti di Grillo ? " Come mi chiederai ? Semplice, sfruttando questo ;-


Tratto dal nostro Forum:-
Importante: Contattare Marco Travaglio e altri giornalisti
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Ha si, Nadira dice che visti gli innumerevoli impegni è meglio farlo qui:-
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Le spalle di MARCO

DOMENICA 9 SETTEMBRE 2012



Liberate quest'uomo
di Marco Travaglio


Massima solidarietà a Monti, ormai prigioniero della sua poltrona. Era arrivato a novembre come Cincinnato, abbandonando il suo orticello e sacrificandosi per salvare la patria a tempo di record, qualche mese non di più, e poi tornare al più presto all'amato aratro. Qualcuno insinuò che a dargli una spintarella ci fossero, oltre ai panzer germanici e all'uomo del Colle fra una telefonata e l'altra a Mancino, i famosi poteri forti. Lui però sdegnosamente smentì: "Non siamo il governo dei poteri forti". Qualche mese dopo, però, dimentico della prima dichiarazione, la smentì con una seconda: "I poteri forti ci hanno abbandonato". Ora però giunge smentita anche alla seconda dichiarazione. Radiocor, agenzia di stampa della Confindustria, ha sondato 137 fra "banchieri, manager, imprenditori e professori" riuniti al Forum di Cernobbio, che non è proprio la mensa della Caritas. Fra questi si segnalano Scaroni (condannato per tangenti al Psi), Tronchetti-Provera (quello della Telecom spiona), Caltagirone (quello lì), Orsi (indagato per corruzione internazionale e riciclaggio), Conti, Squinzi, Ghizzoni, De Benedetti padre e figlio, Galateri, Braggiotti, Bernabè. Domanda: volete voi che Monti torni all'aratro o gradireste eventualmente il bis? Risposta dell'80 per cento (praticamente cappotto): bis! bis! Chi l'avrebbe mai detto: prenditori e magnager rivogliono Monti, nonostante i durissimi sacrifici che il novello Robin Hood ha notoriamente imposto a banche e imprese. L'unico a far sommessamente notare che l'eventuale Monti-bis "non dipende mica dalla comunità finanziaria riunita a Cernobbio, ma da come vanno le elezioni, cui Monti non parteciperà" è Prodi. A molti altri la parola elezioni fa venire l'orticaria, o più semplicemente non sono abituati a considerarla. Tanto, comunque vada il voto, vincono sempre loro. A questo punto vien da domandarsi che si vada a votare a fare. Nella migliore delle ipotesi, per lorsignori, Monti resterà imbullonato alla cadrega perché ce lo chiede l'Europa, ma soprattutto il Forum Ambrosetti. Nella peggiore, sempre per lorsignori, tornerà a Palazzo Chigi un politico, tipo Bersani (o Renzi, che vuole rottamarlo per fare le stesse cose al posto suo),
i quali hanno già prestato giuramento sull'Agenda Monti. Ma potrebbe anche avverarsi un terzo scenario, con Passera al governo e Monti al Quirinale, anche se Napolitano ha già annunciato che non intende rassegnarsi alla pensione, anzi seguiterà a vigilare anche nella prossima legislatura "perché in Italia venga condiviso l'impegno a dar seguito e sviluppo agli impegni presi in sede europea", nelle inedite vesti di Senatore Vigile a Vita. Naturalmente non sono in discussione i meriti del governo, che in poco tempo, con una maggioranza parlamentare indecente, qualche miracolo l'ha fatto (vedi l'azione coordinata contro lo spread, di sponda con Draghi). È in discussione, se possiamo permetterci questo parolone, la democrazia con le sue regole. Che purtroppo prevedono di tanto in tanto, a cadenza più o meno regolari, una cosetta chiamata elezioni, di cui sono protagonisti, parlando con pardon e non con padron, i cittadini. Dovrebbero essere loro a decidere chi deve governarci, e con quale programma. Si dirà: ma i programmi Pdl, Udc e Pd sembrano tutti uguali: no, per la verità sono proprio uguali, salvo trascurabili dettagli (Agenda Monti forever). Per fortuna esistono anche partiti che di programmi ne hanno altri: che non mettono in discussione il rigore finanziario, ma ritengono che i soldi vadano presi nelle tasche dei ricchi e dei ladri (che poi spesso coincidono), anziché dei poveri, degli onesti e delle guardie. Vedremo che cosa decideranno i cittadini alle elezioni. Oppure le aboliamo, e non se ne parla più. Ma sarebbe un peccato. Soprattutto per il sequestrato Monti. Ci teneva così tanto, poveretto, a tornare al suo orticello.


Tratto da il Fatto Quotidiano
09.09.2012




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exnovobrian ha scritto:

Ma perchè non chiedi tu stesso a Marco Travaglio, il motivo per il quale " *forzatamente* si sente *obbligato* nei confronti di Grillo ?


Perchè non mi interessa saperlo e perchè non mi risponderebbe. Ma soprattutto appare evidente che è così anche perchè lo ha più o meno detto lui stesso, in un articolo con cui rispondeva alle critiche per la sua intervista a Grillo.

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"La politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomigli molto alla prima."
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martedi 11 settembre 2012


Oddio, una notizia!
di Marco Travaglio


Se ogni tanto ci occupiamo di Pierluigi Battista non è perché egli abbia un peso determinante nel panorama dell'informazione mondiale. Ma perché è uno dei capostipiti di un nuovo genere giornalistico che ha preso piede nell'ultimo ventennio: il giornalista spannometrico, che fa programmaticamente a meno dei fatti. Il desertificatore di Notizie. Il giornalista a prescindere. Negli annali della stampa italiana, non si ricorda una sola notizia portata da Battista. Il quale anzi se ne guarda bene e se ne vanta. E se per caso, a sua insaputa, gli capita d'incontrarne una, la incenerisce col napalm o fugge via a gambe levate, con la faccia da urlo di Munch. Quando lo invitano in tv a commentare un fatto, lui premette subito "non voglio entrare nel merito, però...", "non conosco le carte, però...", "non ho letto i documenti, però...". Però vai a casa a studiare, gli direbbe il conduttore in un paese civile e smetterebbe di invitarlo finché non assicuri di essersi preparato su un tema a piacere. In Italia invece è l'ospite ideale: lo appoggi su una poltrona, un tavolino, uno sgabello, uno scaffale, tipo pianta grassa, e fa la sua parte dispensando banalità da bar sport. Non sporca, non disturba, dove lo metti sta. Alla fine capita pure che lo dimentichino in studio senz'avvertirlo che la trasmissione è finita. E lui mai un guaito di lamento: lo ritrovi lì la settimana dopo per la puntata successiva, dove si parla di tutt'altro, ma lui,
non sapendo nulla di nulla, riesce a entrare perfettamente nel dibattito con la medesima enciclopedica incompetenza. Ieri sul Corriere ce l'aveva col Fatto, che gli dà particolarmente fastidio perché dà le notizie. Una, soprattutto: la ricostruzione dei "fuori verbale" di B. dinanzi ai magistrati di Palermo
(i complimenti per il loro equilibrio, una barzelletta che non fa ridere, le battute sul calcio, l'auspicio che Ingroia entri in politica perché "solo noi professionisti possiamo salvare l'Italia"). Trattandosi di parole extra-verbale, dunque sottratte al segreto investigativo, Ingroia ha confermato pubblicamente che sì, il Cavaliere gli ha dato quel consiglio. Il che, secondo il Battista, è una gravissima violazione del segreto investigativo,
che nel suo personalissimo codice penale deve coprire anche le barzellette: non solo "il contenuto di un colloquio giudiziario, ma anche tutto il contorno di battute, formule di cortesia, sguardi che formano il contesto di una relazione riservata tra i magistrati e un testimone". Quindi, per dire, se un testimone un po' focoso prende a calci e pugni il pm durante l'interrogatorio, il pm deve uscire dalla stanza zoppicando con la testa fasciata e raccontare, per non violare il segreto su "tutto il contorno", di essersi procurato le lesioni dando testate alla parete e calci al termosifone. Costernato dal fatto che il Fatto abbia pubblicato notizie, il Battista scavalca gli avvocati di B. e scrive: "Berlusconi va a parlare con i magistrati di Palermo" e "poche ore dopo la chiacchiera finisce su un giornale 'amico'". Talmente amico che le uniche notizie segrete delle indagini sulla trattativa (l'esistenza di telefonate intercettate tra Mancino e Napolitano e poi il loro presunto contenuto) sono uscite su Panorama. Non solo: i primi quotidiani a pubblicare il contenuto delle intercettazioni Mancino-D'Ambrosio un giorno prima che venissero desecretate furono Repubblica e, guarda un po', il Corriere su cui Battista scrive. Sempre sul Corriere, giovedì, cioè all'indomani dell'interrogatorio, Giovanni Bianconi ha pubblicato anche tra virgolette ampi stralci della deposizione di B. a verbale, ovviamente segreta. Soffiate dei pm a un "giornale amico", o notizie ricostruite da un bravo cronista su un fatto di grande rilevanza pubblica?
Inutile domandarlo a Battista, che di queste cose non si occupa. Lui infatti non legge nemmeno il giornale su cui scrive. Anche lì, di tanto in tanto, rischierebbe di imbattersi in qualche notizia. E non se ne riavrebbe più.





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Ultima modifica di exnovobrian il Mer Set 12, 08:17:54, modificato 1 volta in totale
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Mercoledì 12 settembre 2012

Manuale del perfetto pm
di Marco Travaglio


Breve decalogo del perfetto magistrato imparziale, indipendente, inodore e insapore nell’èra delle Larghissime Intese.

1. Se il Presidente della Repubblica parla al telefono con un politico coinvolto in un’indagine e intercettato, è colpa del pm che l’ha intercettato. Se uno critica il Presidente della Repubblica per quei colloqui, è sempre colpa del pm che li ha intercettati.

2. Se un pm spiega le collusioni della classe dirigente col potere mafioso e invita i cittadini a cambiarla, dipende da dove lo fa: alle feste del Pd o sull’Unità va bene, perché dietro c’è un partito di governo; al congresso del Pdci no, perché il partito non è di governo; peggio ancora alla festa del Fatto, che non ha dietro partiti, ma 150 mila firme (troppe: “populismo giudiziario”).

3. Se in un convegno qualcuno, dal palco o dal pubblico, critica il Capo dello Stato, i magistrati presenti devono nell’ordine: fare la faccia contrariata storcendo naso e bocca; chiedere la parola e dissociarsi; andarsene bofonchiando; chiamare la Celere per disperdere con gl’idranti la radunata sediziosa; avvertire il dottor Sabelli in vista dell’agognata medaglietta dell’Anm. La regola vale solo per chi indaga sulla trattativa Stato-mafia: infatti Caselli, presente alla festa del Fatto con Ingroia e Di Matteo, non ha nemmeno avuto l’onore di una citazione dal dr. Sabelli.

4. Nuovo articolo 104 della Costituzione: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, fuorché dal Quirinale”. Ergo il Csm deve aprire pratiche a loro tutela, tranne quando ad attaccarli è il Quirinale.

5. L’Anm, sindacato dei magistrati, deve difenderli dagli attacchi, però dipende dall’attaccante e dall’attaccato: se l’attaccato indaga su B. o Dell’Utri, va difeso a prescindere dall’attaccante; se si occupa anche del centrosinistra, tipo Forleo e De Magistris, non va difeso a prescindere dall’attaccante; se si occupa anche del centrosinistra e dà noia al Colle, va attaccato anche dall’Anm.

6. L’Anm difende da sempre il diritto dei suoi iscritti a esprimere opinioni in tema di giustizia e lotta alla criminalità, anche in caso di azioni disciplinari. Ma anche qui dipende: se le opinioni sono di un pm che indaga sulla trattativa, il dr. Sabelli lo accusa di “appannare la sua immagine di imparzialità”, additandolo ai titolari dell’azione disciplinare, casomai si fossero distratti un attimo.

7. Il Pg della Cassazione, con il Guardasigilli, è titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati. Fra gli illeciti disciplinari non figurano interviste e dichiarazioni, salvo che contengano segreti su indagini in corso. Però dipende: se l’intervista senza segreti la dà un pm che indaga sulla trattativa, il Pg il procedimento lo apre lo stesso: a lui e al suo procuratore capo che non l’ha denunciato.

8. Un Pg che, su richiesta di un politico coinvolto in un’indagine, si fa chiamare “guagliò” e si mette “a sua disposizione”, parrebbe – per dirla col dr. Sabelli – “appannare la sua immagine di imparzialità”. Ma se si chiama Esposito e parla con un protetto di Napolitano, il dr. Sabelli si volta dall’altra parte.

9. Un Pg che convoca il procuratore nazionale antimafia perché soddisfi le pressioni del politico raccomandato e interferisca nell’indagine che lo coinvolge con avocazioni o strani “coordinamenti”, e per giunta viene respinto con perdite, parrebbe – sempre per dirla con il dr. Sabelli – “appannare la sua immagine di imparzialità”. Ma se si chiama Ciani e agisce su mandato del presidente della Repubblica, il dr. Sabelli si volta dall’altra parte.

10. In casi come quelli di cui ai numeri 8 e 9, di solito intervengono i titolari dell’azione disciplinare. Invece nei due casi suddetti non interviene nessuno. Non il ministro della Giustizia, perché è meglio di no. Non il Pg della Cassazione, perché ai tempi di Esposito era Esposito e ora, ai tempi di Ciani, è Ciani. Dovrebbero processarsi da soli, e come si fa.





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Giovedì 13 settembre 2012


Voce del verbo Violare

di Marco Travaglio


Premesso che il Fatto non ha mai chiesto le dimissioni del capo dello Stato, né fa parte di "blocchi" di "populismo giuridico" per "abbattere il Quirinale", ma ha soltanto scritto che Napolitano ha sbagliato -- venendo meno alla sua imparzialità -- ad assecondare le pressioni di Mancino contro la Procura di Palermo e sarebbe ora che tutti lo ammettessero, segnaliamo all'opinione pubblica il caso di un uomo politico di centrosinistra che ha più volte tentato di abbattere il Quirinale. Questo politico ha firmato un'interrogazione parlamentare al governo contro l'inquilino del Colle -- peraltro irresponsabile per ogni suo atto, secondo la tesi dello stesso politico -- a proposito di alcune esternazioni contro i magistrati, domandando "come il governo ritenga di conciliare queste affermazioni, se vere, con il tragico record che l'Italia ha, nel mondo occidentale, del più alto numero di magistrati uccisi, per fedeltà alla Repubblica, da terrorismo e mafia" (Ansa, 8 maggio). Poi il politico ha chiesto al governo di "presentarsi alle Camere e di esprimere le proprie posizioni sulle questioni sollevate dal Presidente" sulla giustizia e di dire "quali iniziative ha adottato o intende adottare per favorire le indagini", "rimuovendo ogni segreto" (Ansa, 16 maggio). Inoltre il politico in questione ha definito "inaccettabili molte posizioni del Capo dello Stato", "arrogante" perché "attacca i giudici e dice 'dimentichiamo il passato'" (Ansa, 19 ottobre).
Il politico ha poi minacciato: "Stiamo studiando se ci sono gli estremi per la messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione", che ormai "dilaga con ottiche presidenziali di fatto" (Ansa, 23 novembre). Qualche giorno dopo, il nostro politico ha invitato "il Tribunale dei ministri a esaminare subito la posizione del capo dello Stato" e i pm a proseguire le indagini, perché "qualsiasi sospensione o blocco che derivasse dall'iniziativa del Presidente della Repubblica costituirebbe un nuovo arbitrio in una situazione istituzionale già assai gravemente deteriorata a causa dei comportamenti del Presidente" (Ansa, 28 novembre). Una settimana dopo il politico di cui sopra ha annunciato la richiesta del suo partito per la "messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica, che in sostanza si è comportato non come soggetto imparziale, ma come capo di un partito. Se vuole fare il capo di un partito, si dimetta da presidente e faccia come tutti gli altri. La nostra denuncia è già stata inviata al comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa. Se archivia subito, si pone il problema se raccogliere le firme per discutere a Camere riunite. Se invece si aprono le indagini, si porrà un problema di incompatibilità politica tra il presidente della Repubblica rappresentante dell'unità nazionale e il presidente della Repubblica imputato" (Ansa, 6 dicembre). In ogni caso il politico ha ribadito "la necessità che il Pesidente lasci il Quirinale al più presto" perché "non può rappresentare degnamente le elevate funzioni di capo dello Stato chi si assume le funzioni dell'ufficio legislativo della presidenza del Consiglio" (Ansa, 8 febbraio). Oltretutto, ha aggiunto, è "un ricattatore" e "un mentitore spudorato" (9 febbraio). Contro il capo dello Stato è intervenuta anche Magistratura democratica: "Al riparo della irresponsabilità assicuratagli dalla sua carica, il Presidente della Repubblica prosegue nell'ormai sistematica campagna di delegittimazione della magistratura e dei giudici. La risposta dei magistrati democratici dovrà essere come di consueto il massimo rigore nella propria attività unito al più fermo rispetto delle regole. I cittadini valuteranno chi difende le istituzioni e chi concorre a screditarle" (Ansa, 9 luglio). Il nostro politico è il participio presente del verbo Violare, il Presidente si chiamava Cossiga, le date dei dispacci Ansa si riferiscono agli anni 1991-'92. Come passa il tempo.



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Venerdì 14 settembre 2012



La Corte cortigiana
di Marco Travaglio


Chi l'avrebbe mai detto: la Corte costituzionale -- informa l'Ansa con sei giorni di anticipo sul verdetto -- dichiarerà ammissibile il conflitto di attribuzioni del presidente della Repubblica contro la Procura di Palermo. Ma va? Che sorpresona. Franco Cordero ha più volte spiegato che il conflitto è inammissibile prim'ancora che infondato: non foss'altro che perché pretende dai pm un atto (la distruzione di intercettazioni) che spetta solo al giudice. Ma Gustavo Zagrebelsky, che presiedeva la Corte quand'era ancora un organo di garanzia, aveva scritto su Repubblica che questo non è "un normale giudizio" perché "una parte (Napolitano, ndr) getta tutto il suo peso, istituzionale e personale, che è tanto, sull'altra, l'autorità giudiziaria, il cui peso, al confronto, è poco. Quali che siano gli argomenti giuridici, realisticamente l'esito è scontato. Presidente e Corte... sono 'custodi della Costituzione'. Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale, che la seconda desse torto al primo... Così, nel momento stesso in cui il ricorso è stato proposto, è stato anche già vinto. Non è una contesa ad armi pari, ma, di fatto, la richiesta d'una alleanza in vista d'una sentenza schiacciante. A perdere sarà anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al Presidente, sarà accusata d'irresponsabilità; dandogli ragione, sarà accusata di cortigianeria".
Si sperava che, se non la sostanza, la Consulta salvasse almeno le forme: invece anche quelle vanno a farsi benedire. Tale è la fretta, l'ansia, la cupidigia di sostenere le ragioni (anzi i torti) del più forte, che anche questa volta il verdetto viene anticipato a mezzo stampa. Come già era accaduto a gennaio, con la fuga di notizie su Repubblica a proposito del referendum elettorale, inviso ai grandi partiti e al Quirinale, dunque bocciato. Ieri, il bis: i giudici si riuniranno per decidere solo il 19 settembre, ma l'Ansa già sa come. Così l'opinione pubblica inizia a prepararsi al verdetto della Corte "cortigiana" che, quando uscirà, non farà più notizia. Dopodiché bisognerà sbrigarsi a decidere anche sul merito: sempre dalla parte del più forte.
A prescindere da ragioni e torti. E alla svelta (non a caso sono stati eccezionalmente nominati due relatori e accorciati i tempi, che in media richiedono almeno un anno di attesa), in tempo per influenzare il gup che dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei 12 imputati per la trattativa Stato-mafia (soprattutto quelli dello Stato). Conoscendo la serietà dell'Ansa, è da escludere che abbia dato la notizia senza consultare fonti qualificate, interne alla Consulta che in teoria sarebbe tenuta al segreto della camera di consiglio: invece da un po' di tempo pure questo è un segreto di Pulcinella. Come emerge dall'inchiesta sulla loggia P3, nell'autunno 2009 almeno 5 o 6 giudici costituzionali anticiparono al faccendiere irpino Pasqualino Lombardi il loro Sì al "lodo" Alfano. Negli stessi giorni i giudici costituzionali Mazzella e Napolitano (solo omonimo del più noto Giorgio) cenavano in gran segreto con B., Letta e Alfano e, beccati dall'Espresso, si guardavano bene dal dimettersi o almeno dall'astenersi dal voto. Il fatto poi che il conflitto del Colle contro i pm di Palermo si fondi proprio sul preteso diritto del Presidente alla segretezza delle sue conversazioni aggiunge al tutto un tocco di surrealismo: le telefonate Mancino-Napolitano, grazie al rigore della Procura di Palermo, sono rimaste top secret (nemmeno Panorama, che dice di conoscerle, ha potuto virgolettare neanche un "ciao come stai?"). In compenso il ricorso dell'Avvocatura dello Stato alla Consulta, sconosciuto financo alla Procura chiamata in causa, è stato anticipato da Repubblica. Ora il verdetto della Consulta viene preannunciato all'Ansa (all'indomani di quello della Corte tedesca, che ha tenuto sul filo l'intera Europa senza mai uno spiffero: un altro spread che ci divide dalla Germania). E gli italiani dovrebbero fidarsi dell'imparzialità di questi signori? Ma per favore.




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Sabato 15 settembre 2012

Partito Smemocratico
di Marco Travaglio


La democrazia interna, la democrazia interna! Dopo qualche giorno di invettive contro Grillo e Casaleggio, i duci a 5 Stelle, per esigere la democrazia interna in casa d'altri, partiti e giornali al seguito archiviano il caso Favia e del tema non si parla più. Meglio così: altrimenti si rischia che qualcuno vada a controllare la democrazia interna ai partiti, che dovrebbero garantirla in dosi ben superiori a quelle richieste a un movimento, visto che i partiti vivono di fondi pubblici. Ciò non significa -- l'abbiamo scritto e lo ripetiamo per i nati sordi -- che il problema della trasparenza nella scelta dei candidati M5S alle politiche non esista: esiste eccome e sarà risolto solo con un meccanismo chiaro e controllabile da tutti (la famosa piattaforma web per una sorta di primarie online, promessa non ancora mantenuta). Significa però che purtroppo nessun partito ha le carte in regola per insegnare la democrazia agli altri. Ferruccio Sansa ha pubblicato sul Fatto una galleria degli orrori della partitocrazia italiota, fra congressi truccati (le rare volte che si fanno), primarie cammellate e tessere fasulle. Ma c'è di più. I liberi docenti di democrazia dovrebbero spiegare cosa ci fosse di democratico nel deferimento ai probiviri Pdl (con espulsione scontata) dei finiani Granata, Bocchino e Briguglio che due estati fa si erano permessi di contestare la politica antimafia del governo B., con la revoca della protezione al pentito Spatuzza, decisivo per ricostruire la verità sulla strage di via D'Amelio. E, sempre a proposito di espulsioni: qualcuno ricorda il caso di Avigliana, primo comune della Bassa Valsusa, celebre anche per aver dato i natali a Fassino? Lì, alle ultime comunali, il Pd s'è sciolto in un listone civico Pro-Tav con Pdl e Udc per combattere i suoi dirigenti contrari alla folle opera, candidati in una lista civica con Idv, Sel e 5 Stelle. Naturalmente l'ammucchiata fassinian-casinian-berlusconiana prese 2.306 voti (34,4%) contro i 3.200 (47,8 %) dei No-Tav e perse il Comune. Sapete com'è andata a finire? Anziché far due conti e prendere atto che la maggioranza dei cittadini sta con la corrente NoTav la Commissione di Garanzia del Pd ha espulso i tre rappresentanti eletti nella lista vincente e commissariato il circolo di Avigliana per eresia dal dogma Calce&Martello. Penati no, loro sì. Un caso di scuola di democrazia interna: la minoranza che caccia la maggioranza. Ora si apre la partita del referendum contro la porcata Fornero sull'articolo 18. Il Pd alla "riforma" era contrario, infatti ha votato a favore come un sol uomo. Di Pietro e Fiom hanno promosso un referendum per abrogarla, appoggiati da Sel e dal resto della sinistra (ma anche da Cofferati e Vita del Pd). Se raccoglieranno almeno 500 mila firme, fra due anni gl'italiani diranno con chi stanno (e se diranno Sì, come già per il nucleare, il legittimo impedimento e l'acqua, Bersani potrà fingere di aver vinto lui). Che c'è di più democratico al mondo? Provate a spiegarlo all'Unità, fondata da Gramsci e affondata prima dai Ds e ora dal Pd, che si affida al pacato commento di tal Michele Prospero sul referendum e i referendari: "Brutto malanno interiore alla sinistra... male oscuro pronto a favorire la perdizione... virus dell'antipolitica... clava referendaria... deriva populistica... scappatoia furbesca... macabro squarcio... gioco spregiudicato sulla pelle del lavoro... trappola tesa da Di Pietro... banda dell'antipolitica... grande opera di distruzione nichilista... ruota di scorta del populismo". Insomma, l'ha presa bene. Del resto il Prospero è lo stesso genio che giorni fa indicava la luminosa figura di Palmiro Togliatti, sincero democratico, come faro del nuovo Pd. Nulla di strano se, per lui, chiamare gli italiani a decidere le regole del lavoro e dei licenziamenti è addirittura peggio del "vento maligno delle primarie", anch'esse pericolose perché purtroppo la gente vota. Le avranno mica inventate quei duci di Grillo e Casaleggio?




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Domenica 16 settembre 2012



TelecomMedia
di Marco Travaglio



Toh, Mediaset vuole comprarsi La7 da Telecom Italia Media. Direttamente o tramite una testa di legno. Chi l'avrebbe mai detto. Alla vigilia della campagna elettorale in cui si gioca tutto come nel '94, B. vorrebbe neutralizzare la riserva indiana in cui si sono rifugiati gli artisti e i giornalisti cacciati da Mediaset e Rai. Ma sarebbe una notizia se non volesse farlo: vorrebbe dire che non è più lui. Invece è sempre lui, dunque non c'è notizia. Infatti gli unici a stupirsene sono quelli che lo davano per morto, anzi trovavano comodo darlo per morto. Per rimuovere il problema, evitare esami di coscienza e nascondere un fatto imbarazzante: cioè che da nove mesi governano con lui. Stiamo parlando del Pd, dell'Udc, dei fan acritici del governo Monti e dei loro house organ. Avete mai sentito le parole "antitrust" e "conflitto d'interessi" nelle bocche capienti di Bersani, Renzi (il suo spin doctor è Giorgio Gori e ci siamo capiti), Casini, ma pure Vendola? Le avete più lette su Corriere, Stampa, Repubblica, Unità? Nominarle significa infrangere un tabù, agitare il drappo rosso dinanzi al Caimano, rinfocolare l'antiberlusconismo (non sia mai), turbare la quiete dei tecnici. E resuscitare vecchi interrogativi che è meglio lasciar sepolti: perché il centrosinistra nel biennio 2006-2008 e il governo tecnico da novembre a oggi non han neppure tentato di riformare la legge Gasparri? Troppo pericoloso, meglio lasciar perdere. L'ultimo a parlarne, a parte noi del Fatto e il solito Di Pietro, fu Beppe Grillo nel V-Day del 2008, quando lanciò un referendum (poi bocciato dalla Cassazione) contro la Gasparri: il solito populista antipolitico che fa il gioco della destra. Mica come il compagno Violante, che nel 1995 confessò alla Camera di aver "garantito a Berlusconi e Letta che non gli sarebbero state toccate le tv". Ora la questione non è se B. riuscirà a papparsi La7 (ovviamente per spegnere un piccolo ma pericoloso concorrente delle sue reti e soprattutto un focolaio d'infezione, cioè di informazione più libera o meno asservita del lazzaretto Raiset): se non lo farà, sarà solo perché il suo gruppo è alla canna del gas. La questione è che, a norma di legge Gasparri, potrebbe farlo. Lo spiega, sul sito del Fatto, Nicola D'Angelo, già membro Agcom: "In base all'art. 43 della Gasparri, Mediaset può acquistare La7 in quanto il limite antitrust è che nessun soggetto può avere ricavi superiori al 20% del sistema integrato delle comunicazioni (Sic). Nel calderone infinito del Sic, Mediaset detiene circa il 13%" e anche con La7 resterebbe sotto il tetto. Anche perché la pubblicità non è computabile nel Sic. Del resto, nel 2007, quando Tronchetti-Provera annunciò di voler vendere Telecom (con La7 in pancia) a una cordata messican-americana, il centrosinistra riattaccò la litania dell'"italianità" da difendere, anche a costo di darla a Mediaset, magari in tandem con l'amico Colaninno. Disse Fassino: "Mediaset è un operatore del settore, quindi può fare un'offerta". Il Foglio svelò "incoraggiamenti dalemiani" a B. tramite il solito Latorre. Entusiasta, ma che sorpresa, anche Violante: "C'è un Berlusconi imprenditore e un Berlusconi politico: se, come imprenditore, investe le sue risorse in un settore di importanza strategica per il nostro Paese, non ci trovo niente di male". Il 19 aprile B. accolse l'invito all'ultimo congresso Ds di Firenze e naturalmente parlò d'affari, i suoi: "Mediaset è pronta a entrare in Telecom per difenderne l'italianità... Siamo stati richiesti: il mio è un atto di generosità patriottica". Poi, siccome era all'opposizione, propose un bel governo di larghe intese. E nessuno osò contestarlo. Poi Telecom finì alla cordata italo-spagnola Intesa- Mediobanca-Telefònica.
Ora che Mediaset ci riprova, stupisce soltanto lo stupore dell'Unità, che titola sdegnata "Amici di Berlusconi su La7" e lancia l'allarme per "il pluralismo informativo".
Ma mi faccia il piacere.




*decrescita e speranza.
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