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Annunci & Avvisi - Vertice Mondiale Alimentazione a Roma 13-17 novembre

Valmor - Mer Nov 11, 19:23:35
Oggetto: Vertice Mondiale Alimentazione a Roma 13-17 novembre
Appello ad unirsi ai Movimenti sociali, alle Organizzazioni non governative (ONG) e alle Organizzazioni della società civile (OSC)
Forum parallelo al Vertice mondiale sulla Sicurezza Alimentare
Chiediamo: Sovranità alimentare subito!
Roma 13-17 novembre 2009
“Uno non vende la terra sulla quale cammina il suo popolo”
Tashunka Witko – 1840 – 1877
Partendo dal dato di fatto che, per la prima volta nella storia, il numero degli affamati ha superato la soglia del miliardo, il Consiglio della FAO ha deciso di convocare un Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare, dal 16 al 18 novembre 2009, in modo da mantenere la sfida dell’insicurezza alimentare in cima all’agenda internazionale.
L’obiettivo generale del Summit è quello di trovare un accordo sulle azioni chiave da intraprendere per contrastare questa crisi. Come ha affermato il Direttore Generale della Fao Jacques Diouf “la silenziosa crisi alimentare – che colpisce un sesto di tutta l’umanità – pone un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo. Abbiamo urgentemente bisogno di costruire un ampio consenso sul totale e rapido sradicamento della fame nel mondo”. Le sfide chiave del Summit sono state così identificate:
- Sradicare la fame dalla terra. Non soltanto per assicurare una produzione di cibo sufficiente a sfamare la popolazione mondiale che crescerà del 50 percento e raggiungerà i 9 miliardi di persone nel 2050, ma anche per individuare strade che garantiscano a tutti l’accesso al cibo di cui hanno bisogno per una vita sana e attiva.
- Realizzare un sistema di governance sulla sicurezza alimentare più coerente e più efficace, sia a livello nazionale che internazionale.
- Assicurare che i paesi in via di sviluppo abbiano una giusta opportunità di competere nei mercati mondiali delle materie prime e che le politiche di sostegno all’agricoltura non distorcano il commercio internazionale.
- Trovare il modo per assicurare che gli agricoltori, sia dei paesi ricchi che di quelli in via di sviluppo, possano ottenere guadagni comparabili ai lavoratori dei settori secondario e terziario dei loro rispettivi paesi.
- Muovere sostanziali investimenti dal settore pubblico e privato all’agricoltura ed alle infrastrutture rurali e garantire l’accesso degli agricoltori ai moderni fattori produttivi per accrescere la produzione di cibo e la produttività nei paesi in via di sviluppo, in particolare in quelli a basso reddito e con deficit alimentare.
- Tenere conto del fatto che, allo stato attuale, 30 o più paesi stanno attraversando emergenze alimentari e trovare quindi un accordo sui meccanismi più efficaci per affrontare quanto prima la crisi alimentare.
- Assicurarsi che i paesi siano preparati ad adattarsi ai cambiamenti climatici e ad alleviarne gli effetti negativi.
Oltre all’incontro dei Capi di Stato e di Governo, parallelamente al summit verranno organizzati eventi speciali da parte dei parlamenti nazionali; del settore privato; delle ONG, delle organizzazioni della società civile e delle organizzazioni degli agricoltori e dei produttori alimentari.

Forum parallelo dei movimenti sociali, delle ONG e delle OSC
Fin da quando il summit è stato annunciato, i movimenti sociali, le ONG e altre Organizzazioni della società civile hanno cominciato a dialogare con la FAO per organizzare un Forum parallelo della Società Civile che coinvolgerà coltivatori, popolazioni indigene, giovani agricoltori, donne e altre organizzazioni sociali. Il momento è particolarmente importante per la società civile e questo richiede una mobilitazione maggiore per cambiare le politiche agricole e alimentari tradizionali e affrontare in maniera efficace le cause di base della fame e della povertà nel contesto attuale caratterizzato dalle diverse crisi (crisi climatica, economica, finanziaria ed alimentare). Questo cambiamento può essere ottenuto soltanto attraverso la partecipazione attiva dei movimenti sociali legati ai produttori di cibo, delle ONG e delle Organizzazioni della società civile che rappresentano le persone maggiormente colpite dalla fame.
Un Comitato direttivo internazionale del Forum (International Steering Committee of the Forum – ISC), composto da diverse categorie e bilanciato in termini di aree geografiche e di genere, è stato autonomamente costituito dalle organizzazioni interessate all’organizzazione attiva di questo Forum. L’ISC è composto dai rappresentanti delle due più grandi organizzazioni mondiali di agricoltori, di tre organizzazioni regionali di agricoltori, dei due principali forum globali di pescatori, di allevatori, organizzazioni di popoli indigeni, lavoratori del settore agricolo e alimentare, organizzazioni ambientaliste, organizzazioni non governative internazionali, reti agro-ecologiche, il gruppo ad hoc delle organizzazioni non goverantive internazionali in relazione formale con la FAO, il segretariato dell’International Planning Committee on Food Sovereignty e il Comitato italiano per la sovranità alimentare, che funge da “comitato ospitante”1.
Principi guida del Forum:
- La programmazione del Forum coinvolge l’intera gamma delle categorie colpite da fame e insicurezza alimentare, inclusi i movimenti sociali, le ONG e le OSC, in particolare quelle dei paesi in via di sviluppo, impegnate nello sradicamento della fame nel mondo e nell’affermazione del diritto al cibo e della sovranità alimentare
- La partecipazione al Forum stesso riflette queste stesse categorie
- La priorità viene data alle “voci” provenienti dai paesi in via di sviluppo
- Il Forum rispetterà il pluralismo così come garantirà un equilibrio di genere maschile e femminile, regioni e categorie
data ai giovani agricoltori, alle donne, ai popoli indigeni e ai temi dedicati all’”accesso alle risorse” e ai “modelli di produzione”
- Sono stati ascoltati una serie di punti di vista su come affrontare i problemi della fame, della malnutrizione e delle violazioni del dritto al cibo.
Obiettivi del Forum
- Facilitare la partecipazione di donne, piccoli agricoltori e contadini, popoli indigeni, pescatori artigianali, lavoratori rurali, giovani, poveri delle città, organizzazioni ambientaliste, difensori dei dritti umani, ONG e altre OSC che si battono per la realizzazione del diritto al cibo e garantire che le loro voci siano ascoltare al Summit mondiale sull’alimentazione.
- Chiedere l’impegno dei governi e delle agenzie dell’ONU per sradicare la fame e la malnutrizione, per la realizzazione degli obiettivi del diritto al cibo e della sovranità alimentare dei popoli.
- Stringere alleanze e promuovere il dialogo sulle cause della fame nel mondo e delle crisi alimentari, lavorare per una visione condivisa sui cambiamenti e le soluzioni necessarie per un’agenda d’azione.
Temi centrali del Forum
1. Chi decide sul cibo e sull’agricoltura? Dove vengono prese le decisioni?
La crisi globale alimentare è anche una crisi di governance dei sistemi alimentari. I processi decisionali sulle politiche agricole e alimentari sempre più sono posti al di là del controllo democratico, servendo così in particolar modo gli interessi delle corporation e delle elite economiche, al Nord come al Sud. Le istituzioni finanziare internazionali hanno eccessivamente concentrato nelle loro mani buona parte del potere decisionale, imponendo così politiche che hanno minato la sovranità alimentare nazionale e regionale. Decenni di deregulation insieme a politiche alimentari e agricole guidate dalle corporation hanno portato a enormi violazioni del diritto al cibo. Questo blocco tematico discuterà il bisogno di cambiare le regole attuali e i regimi che governano i temi dell’alimentazione, come allocare/usare risorse già esistenti, lavorare per una nuova governance dei sistemi alimentari basata sui diritti umani, sia al livello dei singoli Stati che a livello globale (come l’appena riformato Comitato di sicurezza alimentare mondiale – CFS – della FAO).
2. Chi controlla le risorse di produzione del cibo?
La fetta più grossa di cibo è prodotta da donne, lavoratori agricoli e piccoli produttori. Ma, allo stesso tempo, questi stanno drammaticamente perdendo l’accesso e il controllo sulle risorse produttrici di cibo, come la terra, l’acqua, i semi, le aree di pesca, ecc. I profitti anticipati che provengono dal business delle esportazioni agricole, l’incremento dei carburanti agricoli e l’aumento dei prezzi dei beni alimentari hanno scatenato una forte richiesta di terreni e di acqua per espandere le monocolture e l’industria agricola. Questo sviluppo, insieme ad altri fattori come i conflitti armati, le industrie estrattive, il turismo, i progetti di infrastrutture e una urbanizzazione accelerata, ha portato alla violenta espropriazione delle comunità rurali e a una diffusa occupazione della terra. Tutto questo sta avvenendo in un mondo con una già alterata pre-esistente ripartizione della terra, in gran parte ereditata dai periodi coloniali. Questo blocco tematico discuterà di come ci si può difendere dall’espropriazione della terra e di come garantire che il diritto alla terra sia rispettato in modo equo.
3. Come viene prodotto il cibo?
I modelli attuali di agricoltura industriale, pesca e allevamento di bestiame promossi dalle corporation del business agricolo, da molti governi e da diverse istituzioni internazionali sono i maggiori responsabili dei cambiamenti climatici a causa della loro dipendenza dai carburanti fossili e da altri agenti chimici che rilasciano alte emissioni di gas serra. Questi, inoltre, provocano cambiamenti nell’utilizzo dei terreni,
distruzione di foreste e bacini idrici, degrado del suolo e impoverimento delle forniture di acqua e delle aree di pesca. Le variazioni estreme del clima e i disastri naturali associati al cambiamento climatico stanno peggiorando, e questo si manifesta nella perdita di terreni coltivabili, nei cambiamenti nelle condizioni naturali di crescita, nella distruzione dei mezzi di sostentamento, nonché nella ridotta disponibilità di cibo. Questo blocco tematico esaminerà quali modelli di produzione legati all’agricoltura, alla pesca e all’allevamento e quali relative politiche sia opportuno adottare per raffreddare il pianeta e ridurre la vulnerabilità delle persone di fronte ai cambiamenti climatici; e come donne, popoli indigeni, contadini, pescatori, allevatori, comunità rurali e urbane possano contribuire a risolvere l’emergenza climatica e garantire una disponibilità di cibo appropriata dal punto di vista della sostenibilità e della cultura per tutti, nel rispetto del diritto al cibo.
4. Chi ha accesso al cibo e chi ne ha bisogno?
Con la metà della popolazione mondiale che attualmente vive nelle città, la questione di come dar da mangiare alle comunità urbane in una maniera che sia sostenibile e che garantisca il diritto ad alimenti adeguati è senz’altro la più urgente. Mentre le necessità delle popolazioni urbane e rurali sono spesso trattate come tematiche a parte, la realtà è che queste sono strettamente collegate a questo problema. Le stesse motivazioni che stanno portando contadini e popolazioni indigene fuori delle loro terre stanno provocando tassi crescenti di insicurezza alimentare e pandemie dovute alle diete nelle città di tutto il mondo. Questo blocco tematico intende trovare un accordo con le associazioni urbane e rurali su come garantire l’accesso al cibo per tutti. Saranno discusse proposte su come proteggere le persone nelle zone di guerra e su come organizzare gli aiuti alimentari rispettando i principi della sovranità alimentare. Sarà quindi esaminato il problema dei paesi che dipendono dalle importazioni di cibo e che hanno scarse riserve di risorse naturali e saranno prese in considerazione le vie sostenibili ed efficaci per venire incontro ai loro bisogni alimentari.
Metodologia
Ciascun gruppo di lavoro realizzerà un riepilogo circa lo stato attuale in cui versano tutte queste situazioni, un piano programmatico di azioni comuni da intraprendere e uno o due paragrafi di una dichiarazione finale. I partecipanti lavoreranno attraverso una metodologia basata sulla partecipazione attiva nei dibattiti sulle questioni centrali, integrati da alcune sessioni plenarie. Sarà quindi redatta una bozza di dichiarazione finale, basata sulle conclusioni dei gruppi di lavoro, che verrà presentata al Summit ufficiale.
Data e luogo
13-17 novembre 2009
Città dell’Altra Economia (CAE – Ex mattatoio), Roma.
Il luogo per la sessione plenaria contiene al massimo 500 posti a sedere.
Alloggio e trasporto locale saranno organizzati dalla segreteria dell’IPC solo per le delegazioni. Se le stanze non dovessero essere sufficienti per tutti, priorità verrà data ai partecipanti provenienti dal Sud.
Verranno garantite traduzioni simultanee in spagnolo, inglese e francese grazie alla fondamentale collaborazione di un team di 26 interpreti professionisti volontari e di sei tecnici che tradurranno da e in inglese, francese e spagnolo.
Valmor - Mer Nov 11, 20:01:25
Oggetto:
Ecco il relativo documento; scusate questi testi così lunghi ma sulla rete in italiano non li ho trovati, mi sono stati spediti per mail...

In azione o inazione?
Un miliardo di affamati e il caos climatico non possono aspettare
DOCUMENTO di POSIZIONE
del COMITATO ITALIANO PER LA SOVRANITA’ ALIMENTARE
FORUM PARALLELO DELLA SOCIETÀ CIVILE
Roma, Città dell’Altra Economia – 13/17 Novembre 2009
in occasione del SUMMIT MONDIALE sulla SICUREZZA ALIMENTARE
(Roma, 16-18 Novembre 2009)
Oltre un miliardo di affamati è il terribile lascito che decenni di neoliberismo, industrializzazione e globalizzazione coatta del sistema agroalimentare, accompagnati dall’indifferenza verso i vincoli ecologici, affidano al mondo all’alba del terzo millennio. L’uomo nel frattempo visita lo spazio, crea la vita artificiale, opera in telechirurgia, sorveglia i comportamenti dai satelliti.
Oltre un miliardo di affamati significa uomini, donne e bambini con una dieta povera e precaria senza precedenti nella storia, il cui futuro è compromesso da un accesso agli alimenti limitato e limitante. Persone che vivono prevalentemente nel mondo rurale dove si coltiva, alleva, pesca e raccoglie il cibo, ma paradossalmente senza averne a sufficienza per sé e per i propri famigliari. Una vulnerabilità tipica dei Paesi del Sud del mondo, ma condivisa dallo stato di sofferenza sociale ed economica delle campagne del globo intero. Il concatenarsi delle crisi degli ultimi anni (alimentare ed energetica, finanziaria ed economica, ambientale e climatica) ha aumentato l’esposizione alla fame anche nelle aree urbane e gli stessi Paesi industrializzati registrano il maggiore aumento percentuale di insicurezza alimentare: non un accrescimento ulteriore di cattiva alimentazione e obesità, ma un incremento del numero di denutriti lievitato in un solo anno del 15% nel Nord del pianeta. Tra coloro che soffrono la fame ci sono anche tanti che dalla fame scappano e che nel migrare trovano la morte mentre ci voltiamo altrove, non solo metaforicamente.
Il crollo del potere d’acquisto e l’espandersi della disoccupazione cui stiamo assistendo rinvigoriscono la crisi alimentare deflagrata nel biennio 2007/’08 con l’aumento incontrollato dei prezzi che restano alti e suscettibili a nuove temute impennate. Nessuno cerca più di spacciare questi sfaceli socio-economici per volubili crisi congiunturali: all’auspicata presa di coscienza del loro carattere strutturale e permanente deve far seguito un radicale cambio di strategia da parte delle istituzioni nazionali e internazionali che presiedono alle politiche agricole, economiche e sociali, restituendo priorità alla persona, alla vitalità dei territori, alla molteplicità e ubiquità dei produttori di alimenti, alla dinamicità dei mercati locali, al protagonismo degli attori sociali, alla solidarietà tra i popoli, all’essenzialità del diritto al cibo.
In vista del Summit Mondiale per la Sicurezza Alimentare che si terrà dal 16 al 18 novembre che precederà il Vertice di Copenhagen sul Clima e che è chiamato anche a consacrare le decisioni sul nuovo ruolo del Comitato Sicurezza Alimentare quale strumento di governance globale, la società civile organizzata riunita nel Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare promuove una mobilitazione speciale e chiede alle Istituzioni italiane ed europee di impegnarsi alla risoluzione dei seguenti punti.
GOVERNANCE. Politiche e popoli; chi prende le decisioni? Dove e come?
L’attuale crisi del sistema agroalimentare è il prodotto di decenni di politiche sbagliate. Queste politiche sono il risultato di un approccio decisionale “per default”. In assenza di un forum globale democratico e legittimo che avesse l’autorità sulle negoziazioni per le politiche agricole, il vuoto è stato riempito da una pletora di soggetti privi di investitura democratica: dall’OMC con la sua missione di promuovere la liberalizzazione incondizionata; da operatori finanziari senza scrupoli pronti a sfruttare ogni occasione di profitto; dalla fede cieca di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale nella liberalizzazione; dalla avidità delle multinazionali dell’agrobusiness, sostenute dai governi del G8 e da fondazioni private mascherate da benefattori filantropici.
Correggere, raddrizzandola, la “Governance globale su cibo e agricoltura” è la precondizione per fare passi avanti in tutte le aree che affrontiamo in questo documento. È la questione chiave dei due appuntamenti del 2009: il Comitato sicurezza alimentare e il Summit mondiale dell’alimentazione. Stabilire un autorevole, democratico e legittimo sistema di governance, richiede pertanto di:
􀂃 Riconoscere e connettere gli spazi politici a ogni livello
I processi decisionali globali sulle politiche alimentari devono essere radicate nelle realtà locali. La responsabilità dei governi nazionali e degli organi regionali di assumere decisioni che tutelano il diritto al cibo dei loro cittadini e la salute del loro ambiente e delle loro economie deve essere riconosciuto. Alcuni lo chiamano ”principio di sussidiareità”. Noi lo chiamiamo sovranità alimentare, che è stato più volte violato in nome del sistema decisionale per default dei decenni passati.
􀂃 Localizzare il forum globale nelle Nazioni Unite
Tutti gli stati sono rappresentati nelle Nazioni Unite secondo il principio del “uno stato-un voto”. Questo non accade nelle altre istituzioni multilaterali o raggruppamenti che hanno prevalso negli ultimi decenni. All’interno del sistema delle Nazioni Unite, le agenzie romane del polo alimentare sono il fondamento legittimo per questo forum globale autorevole, legittimo e democratico. La proposta della “Global Partnership for Agriculture and Food Security” può esprimere l’aspirazione ad un miglior coordinamento internazionale, ma è attualmente promossa dai governi del G8 e da istituzioni multilaterali che hanno contribuito alla crisi alimentare e non costituiscono un forum appropriato e legittimo.
􀂃 Le decisioni devono basarsi sul rispetto dei diritti umani e dei beni comuni
Nel vuoto politico del passato l’obiettivo del profitto e della liberalizzazione dei commerci hanno preso il sopravvento. Questo nuovo forum legittimo e democratico deve porre al centro della sua mission il diritto al cibo e la sicurezza alimentare per tutti.
􀂃 Promuovere l’accountability dei governi, delle istituzioni multilaterali e di altri attori
Il gap tra la retorica delle dichiarazioni globali e la realtà delle azioni, o fallire o agire, ha accompagnato il vuoto politico. Il nuovo forum deve essere rafforzato per sviluppare un quadro di riferimento globale per il raggiungimento della sicurezza alimentare, in base al quale devono essere misurate le azioni dei governi e di tutti gli attori.
􀂃 Assicurare la partecipazione effettiva degli attori sociali
Le voci della società civile sono state zittite nel dialogo politico. È essenziale che la società civile sia rafforzata per organizzare autonomamente la propria partecipazione nel dialogo politico e nelle negoziazioni a tutti i livelli, dal nazionale al globale. Uno spazio particolare deve essere dato alle organizzazioni che rappresentano i settori maggiormente colpiti dall’insicurezza alimentare, piccoli produttori e poveri delle realtà urbane, senza il cui coinvolgimento nessuna decisione politica potrà essere effettivamente sostenibile.
Un nuovo paradigma di produzione e consumo del cibo
Il perseguimento di un singolo sistema agricolo globale come quello promosso dai sostenitori della rivoluzione verde si è rivelato inefficace e il suo attuale rilancio facendo leva anche sugli OGM ci appare fuorviante oltre che sbagliato.
Esiste al mondo una grande ricchezza di sistemi agricoli, ognuno dei quali ha la sua propria ecologia, logica, problemi e potenzialità per ulteriore sviluppo. Basandosi su tale diversità, differenti opzioni devono essere cercate per stimolare lo sviluppo sostenibile. L’approccio allo sviluppo deve sempre essere basato sulle
specifiche circostanze delle comunità agricole in quel dato luogo. I problemi dovrebbero essere risolti con le comunità locali ed occorre attingere alle conoscenze specifiche dei contadini locali. Le loro conoscenze su come gestire la biodiversità all’interno dei loro contesti sociali è la chiave per la sostenibilità. Queste conoscenze vanno riconosciute, valorizzate e protette.
Questo consente di assicurare nutrimento alle comunità, reddito e spazio rurale ricco in popolazione e attività agricola in grado di salvaguardare il territorio e le specificità dei sistemi agrari e di tutelare le risorse naturali ed il ripristino della fertilità dei suoli, la mitigazione del caos climatico e l’emancipazione da fonti fossili di energia, le conoscenze locali e la qualità e salubrità dei prodotti strettamente legata alla biodiversità agricola locale e alla quantità di lavoro impiegata. Queste esperienze eterogenee basate sul modello di agricoltura contadina agroecologica, sulla piccola trasformazione e la filiera corta, sono ancorate ai mercati locali ed interni e - attraverso la costruzione di nuove relazioni con i consumatori - puntano a eliminare gli intermediari, rilocalizzare i prodotti agricoli differenziandoli dalle anonime commodities della filiera agroindustriale, e trattenere e ridistribuire ricchezza nei territori rurali.
Considerazioni già delineate nelle raccomandazioni del rapporto IAASTD (International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development (IAASTD) di cui la comunità internazionale deve far tesoro.
Questi processi sono nati nel corso dell’ultimo quarto di secolo dalle forze sociali attive nel settore ma non sono sostenute dalle politiche che puntano a riprodurre l’attuale sistema. Le politiche che fanno leva sull’agricoltura agroecologica, sul raffreddamento del clima, sulla centralità del lavoro, sul diritto al cibo e sulla sovranità alimentare devono dunque divenire prioritarie per le autorità pubbliche e le istituzioni internazionali articolandosi come minimo lungo i seguenti assi:
􀂃 Sia data priorità in tutte le sedi istituzionali ai mercati locali ed interni, alla filiera corta e alla valorizzazione di tutte le filiere ad alto valore agroecologico, alle esperienze di consumo critico e solidale, che debbono essere il riferimento delle politiche pubbliche per l’agricoltura e l’alimentazione.
􀂃 Si promuova un’educazione al consumo di prodotti locali, biologici o a basso input energetico e chimico e si finanzino iniziative di public procurement di tali alimenti.
􀂃 Si favoriscano e si sostengano produzioni vegetali ad alto valore nutritivo in regime di agroecologia.
􀂃 Si ripristini un sistema zootecnico ancorato alle produzioni vegetali perseguendo il duplice fine di una sostenibilità ecologica e di un limitato consumo di prodotti animali orientato alla qualità e all’equilibrio nutrizionale, oltre che volto a non sottrarre risorsa alimentare agli esseri umani.
􀂃 Si promuova una moratoria planetaria sulle coltivazioni di organismi geneticamente modificati.
􀂃 Si escludano dal sistema di incentivazione economica di qualunque tipo le produzioni animali insostenibili (filiere agrozootecniche industriali e intensive, pesca industriale, acquacoltura intensiva), internalizzandone i costi ambientali e sociali:.
􀂃 Si concentrino le risorse pubbliche sulle aziende a conduzione diretta del produttore impegnate nella filiera corta, incardinate sull’uso sostenibile e sulla valorizzazione dell’agrobiodiversità e nella mitigazione del caos climatico.
􀂃 Si investa nella ricerca, partecipativa e applicata, nello sviluppo e nell’uso delle varietà di sementi locali attraverso il diretto coinvolgimento degli stessi agricoltori, sulla base dei principi dell’agroecologia.
􀂃 Si riconosca la garanzia dei diritti degli agricoltori a conservare e scambiare le sementi.
􀂃 Si vieti ogni tipo di brevettazione del vivente e di espropriazione delle risorse collettive.
SPECULAZIONE: Finanziarizzazione dell’economia e speculazione sulle derrate agricole
La speculazione finanziaria e commerciale sul cibo è uno dei fenomeni che impedisce la sovranità alimentare di gran parte degli abitanti del pianeta ed è chiara concausa dell’aggravamento recente del numero di affamati del pianeta. A giugno del 2008 i prezzi degli alimenti di base nel mercato internazionale hanno toccato l’aumento- record degli ultimi 30 anni. Nella seconda metà del 2008 sono crollati del 50%. La finanza è tra i principali responsabili di tali balzi: dati Unctad rilevano che gli operatori finanziari che hanno investito in agricoltura nei primi mesi del 2007, quando i prezzi hanno cominciato a salire, hanno aumentato le loro operazioni di un terzo rispetto al 2006. Tra il 2005 e il 2008 essi hanno raddoppiato la propria presenza nei
prodotti specifici come i futures su mais, grano e soia.
In tutto ciò i contadini non hanno beneficiato dell’impennata dei prezzi e sono stati sollecitati a intensificare le produzioni ricorrendo a fertilizzanti e pesticidi divenuti molto più cari che nel recente passato mentre il valore dei raccolti diminuiva progressivamente.
Anche la FAO ci dice che, se molti producono, pochi intascano i proventi delle vendite: in Africa, del totale del mais che circola nel mercato convenzionale, il 40-45% viene venduto dal 5% delle aziende. Queste società sono in larga parte inserite nelle filiere globali controllate da poche transnazionali del Nord e del Sud. Le prime 5 compagnie hanno investimenti all’estero in agricoltura che valgono, in tempi di crisi, oltre 1 miliardo di dollari di affari l’anno ciascuna. Alcune sono filiali di grandi gruppi, collocate in paradisi fiscali dove i loro profitti si trasformano in dividendi netti. Molte gestiscono fino alla parte terminale della filiera – trasformazione e distribuzione – che si assicura anche il 70-80% del prezzo finale pagato dai consumatori.
Per impedire la finanziarizzazione dei mercati agricoli e che le regole del profitto a tutti i costi incidano sui diritti fondamentali delle persone, tra cui il diritto al cibo, è necessario che si introduca il divieto di investire in derivati finanziari sul cibo, così come esisteva in Europa fino a qualche anno fa.
COMMERCIO: Filiere e mercati locali
L’agricoltura e il cibo hanno un legame diretto con le relazioni sociali, la sostenibilità ambientale, la gestione del territorio, la sovranità delle nazioni, il diritto universale all’alimentazione. Questi aspetti sono considerati marginali dall’attuale sistema agro-alimentare di tipo industriale plasmato dalla logica neoliberista imposta dalle Istituzioni Internazionali Finanziarie (IFI), perseguita dalle politiche agricole dei paesi dominanti e controllato dalle corporations multinazionali. Gli accordi multilaterali e bilaterali di libero scambio, il sistema internazionale degli aiuti e della ricerca ed i sussidi pubblici hanno prodotto il consolidarsi dell’agribusinness che oggi controlla il complesso di una catena alimentare lunga nel tempo e nello spazio, oltre che insostenibile per uomini e donne, per l’ambiente e per le economie locali.
Per garantire la sicurezza alimentare interna e un reddito equo ai produttori di cibo, al Nord come al Sud, è necessario tutelare i mercati locali ed i mercati interni. Per questo chiediamo che:
􀂃 l’agricoltura venga sottratta come competenza ai negoziati commerciali in ambito bi-multilaterale come nel caso dell’OMC ed ai raggruppamenti d’interesse come G8 e G20, e venga ricollocata sotto l’egida delle Nazioni Unite attraverso le agenzie dedicate, nelle quali è possibile un controllo democratico da parte degli Stati;
􀂃 i paesi abbiano il diritto di promuovere il commercio di prossimità attraverso misure capaci di arginare gli effetti del dumping e le misure utilizzate per penetrare in modo sleale nei mercati più fragili e meno strutturati, come i sussidi all’esportazione;
􀂃 abbandono da parte dell’UE di qualunque sostegno all'agricoltura industriale per l'esportazione e di qualunque politica aggressiva nel confronti dei mercati globali;
􀂃 il diritto alla sovranità alimentare sia il principio-guida nei processi negoziali in corso a tutti i livelli, multilaterali e bilaterali;
􀂃 vengano vietate tutte quelle forme contrattuali che impediscono al produttore agricolo, in particolare quello a carattere contadino, di mantenere il controllo sui prezzi di vendita dei suoi prodotti , in particolare quelli che favoriscono le grandi concentrazioni di potere nelle mani della grande distribuzione organizzata internazionale;
􀂃 si crei un sistema globale di gestione dell’offerta per i prodotti agricoli che sono oggetto di scambi internazionali;
􀂃 si implementi un solido meccanismo antitrust per ridistribuire più equamente il valore lungo le catene produttive, con un riequilibrio attivo dei diversi soggetti coinvolti, dal campo al carrello;
􀂃 sia permesso a tutti gli Stati di intervenire con sostegni e tariffe adeguate per promuovere la produzione di cibo per il consumo interno, e poter introdurre misure d’urgenza per fermare o ridurre le importazioni che abbiano impatti negativi sulla sovranità alimentare, lo sviluppo rurale, l’occupazione e il reddito agricolo, come nel caso del dumping.
RISORSE: migliore utilizzo delle risorse dell’aiuto pubblico allo sviluppo
Negli ultimi 25 anni l’UE mentre ha costantemente accresciuto il suo sostegno al libero commercio, ha
contestualmente ridotto gli aiuti all’agricoltura tanto che nel 2007 la quota di Aiuto pubblico allo sviluppo destinata al settore agricolo è stata poco più del 3% rispetto al 13% del 1987.
Il rispetto da parte degli stati dell’impegno di destinare lo 0,7% del PIL allo sviluppo e garantire quindi una quota di questo ammontare all’aiuto all’agricoltura è il minimo che si può fare, considerando anche l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura le cui maggiori responsabilità sono a carico dei paesi industrializzati in quanto maggiori inquinanti. Ma non è sufficiente. L’UE ha accantonato 1 miliardo di euro per finanziare misure di risposta alla crisi alimentare globale, ma la sfida non è solo assicurare più aiuti, anche il tipo di aiuto è una questione cruciale.
In un rapporto recente il Relatore Speciale dell’ONU per il diritto al cibo Olivier de Schutter ha richiesto politiche di aiuto che riconoscano priorità alla funzione sociale del cibo, in particolare assicurando che tutti gli attori siano coinvolti nell’analisi e nel disegno dei programmi che li riguardano.
De Schutter richiama un approccio triangolare per la cooperazione allo sviluppo, dove le persone, come titolari di diritti, giocano un ruolo attivo accanto ai loro governi e ai donors.
In pratica, questo implica che tutte le organizzazioni internazionali dovrebbero lavorare in partenariato con i rappresentanti dei contadini e dei gruppi di società civile nei PVS nei progetti finanziati con loro risorse. Questo approccio assicurerebbe che le donne, in maggioranza impiegate nel settore agricolo,siano pienamente coivolte in questi processi.
L’UE dovrebbe sostenere le politiche agricole dei PVS contribuendo alla costituzione di un spazio politico che affronti gli ostacoli che limitano l’abilità dei piccoli produttori (uomini e donne) di raggiungere un livello di vita sicuro e decente per se stessi e le loro famiglie, in particolare garantendo:
􀂃 Accesso a terra fertile ed acqua per i contadini, in particolare per coloro che hanno risorse scarse, soprattutto donne.
􀂃 Sostegno all’accesso dei poveri rurali ai servizi, in particolare quelli finanziari (credito).
􀂃 Partecipazione dei piccoli produttori e delle loro rappresentanze nelle discussioni politiche.
􀂃 Sostegno alle cooperative contadine locali e altre forme di organizzazione collettiva nella filiera agricola.
􀂃 Lo sviluppo di strutture di immagazzinaggio e di trasporto locali.
􀂃 Accesso per i piccoli produttori ai mercati locali, regionali e globali.
􀂃 Stabilire integrazioni progressive per i mercati regionali e politiche che regolamentano la concorrenza.
DIRITTO ALLA TERRA: Crisi alimentare, accaparramento della terra e agro-carburanti
Lo sviluppo del mercato di agrocarburanti è ritenuto tra le principali cause della crisi dei prezzi dei prodotti alimentari che si è abbattuta sui mercati internazionali, tra il 2007 e il 2008. Tale mercato avrebbe generato uno shock nella domanda in un mercato caratterizzato da una rigidità dell’offerta.
La corsa per soddisfare le necessità di approvvigionamento di agro-carburanti degli Stati Uniti e dell’Europa, nonché i loro futuri obiettivi di consumo hanno alterato profondamente i mercati globali dei prodotti alimentari. Due terzi dell’aumento globale della produzione del mais tra il 2003 e il 2007, e circa un terzo del mais prodotto negli USA è stato trasformato in etanolo. L’aumento della domanda di prodotti agricoli destinati alla produzione di agrocarburanti ha anche stimolato una corsa globale all’accaparramento di terre nel sud del mondo. Come affermato nel corso della Conferenza Internazionale sulla Riforma Agraria e lo Sviluppo Rurale (ICARRD) l’accesso alla terra è cruciale per garantire il diritto al cibo e questo va considerato nel più ampio approccio al ‘diritto al territorio’, con la sua dotazione di risorse naturali, di acqua, di comunità umane e dei loro valori.
In Brasile, l’aumento della produzione di zucchero di canna destinato alla produzione di etanolo contribuisce a fare aumentare i prezzi dei prodotti alimentari e la concentrazione della terra. La terra destinata alla canna da zucchero potrebbe aumentare dagli attuali 7 milioni di ettari a 13 milioni nel 2015. La pressione esercitata dalle coltivazioni di canna da zucchero su altre attività agricole e zootecniche sta spingendo i produttori agricoli di altre colture (come ad esempio la soia) e gli allevatori di bestiame dal sud del Brasile verso nord, con seri impatti per i delicati ecosistemi locali. La progressiva meccanizzazione della raccolta della canna da zucchero in Brasile, secondo rappresentanti del governo Brasiliano comporterà la perdita di circa 400-500 mila posti di lavoro nell’industria dell’etanolo entro il 2010.
Nel 2007 la produzione mondiale di etanolo era 28,56 milioni di tonnellate, mentre quella di biodiesel era pari a 7,56, per un totale di 36,12 milioni di tonnellate. Nel 2008 (fino all’1 ottobre) l’aumento del consumo di granaglie alimentari nei paesi OCSE è stato pari a 80 milioni di tonnellate, di cui 47 milioni di tonnellate sono
andate nella produzione di agro carburanti, dei quali 41 milioni solo negli USA, per coprire una quota del mercato globale della fornitura di carburanti liquidi pari ad appena l’1,5% .
I paesi del G8, ad esclusione di Russia e Giappone, hanno le principali industrie dedicate alla produzione di agrocarburanti. Gli USA mantengono la loro leadership mondiale, ma Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna occupano le prime posizioni tra i principali paesi europei. Anche il Canada è tra i principali produttori.
La produzione di agrocarburanti su larga scala quindi incide sulla produzione di cibo e sull’utilizzo della terra, divenuta sempre più soggetta all’accaparramento sfrenato di multinazionali e governi audaci. Per contrastare questa tendenza è necessario:
􀂃 analizzare l’impatto della razzia delle terre da parte di gruppi finanziari, industrie multinazionali e paesi esteri e intervenire per impedirne l’accaparramento con il manifestarsi di stravolgimenti dei valori fondiari o di impossibilità di accesso alla terra da parte dei contadini locali.
􀂃 creare una commissione dell’ONU che giudichi l’impatto sociale ed ambientale dell’utilizzo dei agrocarburanti e si esprima per una moratoria su ogni ulteriore espansione dell’utilizzo di terreni per la produzione di agrocarburanti.
􀂃 fermare l’espansione dell’utilizzo di agrocarburanti oltre gli attuali livelli.
cessare qualsiasi politica di finanziamento e/o agevolazione per l’uso dei agrocarburanti nel contesto della promozione delle proprie politiche atte a promuovere energie rinnovabili. Diverso il discorso per i carburanti tratti dagli scarti vegetali non altrimenti utilizzabili e per il solo uso locale.
􀂃 cessare qualsiasi politica di finanziamento e/o agevolazione per l’uso dei agrocarburanti nel contesto della promozione delle proprie politiche atte a promuovere energie rinnovabili. Diverso il discorso per i carburanti tratti dagli scarti vegetali non altrimenti utilizzabili e per il solo uso locale.
LAVORO: la tutela del diritto al lavoro nell’agricoltura
Nel mondo l’agricoltura garantisce il lavoro a oltre 1,3 miliardi di persone, quasi il 50% dell’intera forza lavoro del pianeta. Una buona parte della manodopera agricola è costituita da lavoratori dipendenti, per lo più stagionali e che, in molti paesi del mondo, non godono né dei diritti sindacali né di tutele contrattuali, né di misure sociali.
Per contrastare il fenomeno della fame nel mondo occorre lottare per ridurre la povertà e per ridurre la povertà occorre anche valorizzare e dare maggiore dignità e protezione al lavoro agricolo. Per questo noi chiediamo che:
􀂃 in tutti i paesi del mondo e a livello internazionale, siano riconosciuti ai lavoratori i diritti di rappresentanza e tutela sindacale, vengano adottate delle adeguate legislazioni di sostegno sociale e venga affrontata con forza, insieme alle organizzazioni sociali del settore agricolo, il problema dello sfruttamento del lavoro sommerso.
􀂃 che vengano definiti, a livello internazionale, degli “standard minimi” di protezione sociale, rappresentanza sindacale e tutele contrattuali, per combattere il fenomeno del “dumping sociale”.
􀂃 che si debelli con la massima urgenza ogni forma di lavoro schiavile nelle campagne sia del Nord che del Sud del mondo.
Conclusioni
Partecipazione, sostenibilità, agricoltura famigliare, circuiti brevi di produzione e consumo, tutela dei piccoli coltivatori, empowerment, equità sono concetti promossi e declinati da noi, organizzazioni della società civile, e successivamente adottati da decisori politici, forze economiche e media nelle proprie strategie di comunicazione, restituendo alle realtà sociali una egemonia dell’elaborazione e una lungimiranza nella critica e nella proposta. È arrivato ora il tempo che le nostre posizioni e parole guida, oltre che mutuate nella simulazione retorica delle grandi dichiarazioni, siano tradotte coerentemente in programmazione politica e regola economica.
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